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Hockey Nhl, Stanley Cup: Pittsburgh Penguins, è giusto chiamarli favoriti?

Evgeni Malkin - Official Pittsburgh Penguins Facebook Page

E’ giusto chiamare “favoriti” i Pittsburgh Penguins per la conquista di questa Stanley Cup 2016? La maggior parte delle persone, in Italia e negli Stati Uniti, rispondono di sì, ma perché? Pittsburgh ha una storia più lunga e più gloriosa (3 Stanley Cup nel 1991, 1992 e 2009) dei San Jose Sharks, oltre ad un roster che negli ultimi anni è riuscito a lottare continuamente ad alti livelli grazie ad alcuni top-player “esclusivi” che non tutti i team possono permettersi.

Chi sono i top-player dei Penguins?

Per ovvi motivi il primo giocatore da citare è sicuramente capitan Sidney Crosby, uno degli uomini più influenti nella National Hockey League con tanti trofei, medaglie e riconoscimenti personali alle spalle. Crosby è probabilmente il giocatore più amato/odiato nel panorama della NHL perché tante volte ha mescolato la sua straordinaria dote hockeystica a qualche comportamento furbesco e “permaloso” di troppo. Ad ogni modo, qualunque tifoso vorrebbe averlo in squadra come assist-man, come face-off man e come leader non solo attraverso le prestazioni ma anche per i goal importanti (3 reti decisive nella serie contro Tampa Bay).

Un’altra bella pedina è Evgeni Malkin. L’attaccante russo è il fedele compagno di “Sid the Kid” perché grazie a questi due talenti Pittsburgh è potuta tornare sul tetto del mondo dopo anni bui. Malkin ha caratteristiche totalmente differenti da Crosby perché predilige di più la conclusione di pura potenza (come d’altronde la stragrande maggioranza dei giocatori russi). “Geno”, così come viene chiamato dai tifosi, purtroppo ha saltato diverse partite nel corso degli ultimi anni per continui problemi fisici e per questo le sue prestazioni son state limitate.

E che dire della “HBK line”? Hagelin, Bonino e Kessel son tre giocatori intelligentemente presi dal general manager Jim Rutherford in questa stagione 2015/2016. Una ventata “d’aria fresca” potremo denominarla per la straordinaria velocità, cambio di passo e pericolosità che danno le due ali Carl Hagelin e Phil Kessel perfettamente serviti dal perno centrale Nick Bonino. Una linea che ha letteralmente distrutto i campioni del President’s Trophy dei Washington Capitals facendo passare serate da incubo a Braden Holtby ed ancor prima a Henrik Lundqvist dei New York Rangers.

Nella difesa troviamo il pilastro fondamentale chiamato Kris Letang, un giocatore che viene denominato “testa calda” ma dalle mani e dall’intelligenza tattica uniche che permette di dare anche un importante apporto offensivo soprattutto in powerplay. Il reparto difensivo sarà orfano di Trevor Daley (infortunatosi in gara 5 contro Tampa) ma il roster ha ben dimostrato di possedere ottime pedine da chiamare in caso di “emergenza” come Olli Maatta e Justin Schultz.

E che dire di Matt Murray, è così semplice trovare un giovane portiere del genere? Assolutamente no. Il classe 1994 sta rompendo diversi record sia di franchigia che nella Stanley Cup, Murray ha già totalizzato più vittorie ai playoff di quelle sigillate in regular season vincendo “da solo” alcune partite dove sia i Rangers che i Capitals hanno cercato, senza risultati, di bombardare la porta del goalie chiamato in causa quasi “casualmente”. Murray ha usufruito delle brutte prestazioni stagionali di Jeff Zatkoff ma soprattutto dell’infortunio di Marc-Andre Fleury per presentarsi ed esclamare “ci sono anche io, contate su di me”.

Da non scordare neanche le presenze di Bryan Rust, il piccoletto autore di doppiette importanti nelle partite valevoli il passaggio del turno, Matt Cullen, esperienza da vendere in quarta linea e Chris Kunitz, sottovalutato negli ultimi anni ma che in questa seconda parte di playoff sta emergendo abbastanza prepotentemente.

Un cenno va fatto anche all’allenatore Mike Sullivan, subentrato durante il corso della stagione a Mike Johnston dopo una stagione disastrosa dove Sidney Crosby e compagni stavano toccando record negativi. L’allenatore, già nel giro del settore giovanile, ha saputo dare letteralmente un gioco ad una squadra formata da grandi nomi ma che fino a quel momento veniva bastonata da chiunque. Con lui i Pittsburgh Penguins son riusciti ad imbastire un filotto di vittorie che li ha portati ad una qualificazione insperata per il ritmo delle squadre davanti ma anche per la difficile posizione di classifica da cui prelevò i Pens. Ed ora dopo 7 anni, la Pennsylvania sponda Pittsburgh ci spera nuovamente con la piccola soddisfazione del trofeo di Eastern Conference già portato a casa.

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