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Camila Giorgi entra nella storia e vuole restarci, vuole afferrare una penna indelebile e scrivere sino allo sfinimento. Prima finale di sempre di un’italiana in Canada avendo ottenuto il pass per l’ultimo atto del Wta 1000 di Montreal 2021; una semifinale vinta dopo una sfida di nervi con Jessica Pegula, per caratteristiche insidiosa per la maceratese, anzi, stravinta considerando un terzo dominato in termini numerici. Questo, ma non solo, e andando a ritroso si può comprendere tutto chiaramente.
Eastbourne, 19 giugno, Giorgi si appresta a giocare il secondo set contro Magda Linette, consapevole di aver perso il precedente al tie-break e di non poter più sbagliare. Prima un 6-4, poi un altro 6-4 e si passa al turno decisivo per ottenere un posto in main draw dopo mesi con più pianti che sorrisi. Ajla Tomljanovic, Karolina Pliskova, Shelby Rogers e Aryna Sabalenka; no, non è semplicemente un elenco di ottime giocatrici sul veloce, ma una lista di coloro che hanno dovuto inchinarsi alla velocità di palla incontenibile di Giorgi sull’erba. E allora semifinali, ma un problema fisico e la costrizione a ritirarsi per non perdere di vista l’obiettivo Wimbledon.
Altra tappa, proprio Wimbledon, l’evento più prestigioso del panorama tennistico. 1 luglio e tornano i fantasmi di un passato incostante; resa in tre set contro la solida Karolina Muchova e al vento il successo all’esordio contro una Jil Teichmann lontana parente dei tempi d’oro. Qualcosa però in Camila sta cambiando: non solo accelerazioni devastanti, caratteristiche infatti del suo tennis, ma anche uno spiccato senso tattico, una gestione diversa dei punti e delle emozioni. Consapevolezza dei propri mezzi, come sempre, ma anche e soprattutto adeguarsi al gioco di chi ha di fronte, non pensando esclusivamente al proprio.
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Una Giorgi offensiva, come da spartito, ma per scelta tattica anche talvolta paziente e determinata nei momenti importanti, anche se non sempre glaciale. Salto avanti nel tempo: 25 luglio, dopo una parentesi non memorabile a Losanna, finalmente arrivano le Olimpiadi di Tokyo. Sconfitta in due set una finalista Slam, Jennifer Brady, senza lasciarle fiato e in due set: 6-3, 6-2 in poco più di un’ora e una Giorgi sempre più concreta. Elena Vesnina e nuovamente Karolina Pliskova a farne le spese, con lotta per medaglia soltanto sfiorata e negata dall’ottima prestazione di Elina Svitolina, superiore in due set ai quarti.
10 agosto, Giorgi esordisce a Montreal e ha di fronte Elise Mertens, contro la quale non ha mai vinto in carriera e che manca raramente appuntamenti di questo calibro. La maceratese martella con ogni colpo e mostra una continuità di rendimento mai palesata prima, sebbene con alcune sbavature di troppo, non letali. Passano i giorni, cambiano le avversarie, ma Giorgi non accenna a gettare la spugna. Nadia Podoroska, Petra Kvitova, Coco Gauff e Jessica Pegula cadono come birilli e l’azzurra lascia per strada soltanto un set, proprio a causa di un beve lasso di black-out contro la statunitense.
Sempre più performante dal punto di vista agonistico, sempre più pungente in risposta, sempre più travolgente grazie alle accelerazioni con qualsivoglia fondamentale. A sorprendere è l’efficacia della prima e della seconda di servizio, entrambe le soluzioni mortifere e difficili da scardinare; in passato più croce che delizia. 15 agosto, il giorno della verità, sempre Montreal; nuovamente contro Pliskova, questa volta sul cemento nordamericano. La chance che vale una carriera per Giorgi, certamente, ma che a prescindere ne evidenzierà le peculiarità. La maceratese ha innegabilmente una luce diversa che le trapassa gli occhi, un entusiasmo ritrovato o forse mai percepito con questa intensità; Giorgi vuole dimostrare di valere una carriera differente, vuole essere lei stessa una luce diversa per il tennis, brillando nel firmamento internazionale.
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