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Valentina Vezzali metterà fine domani, al Mondiale di Rio de Janeiro, a una carriera irripetibile, che ne fa senza dubbio la più grande rappresentante di ogni epoca della scherma azzurra insieme a Edoardo Mangiarotti, l’unico atleta la cui storia agonistica può reggere il confronto con quella della fuoriclasse jesina. Una storia che abbraccia l’ultimo quarto di secolo di sport azzurro e che i numeri raccontano meglio di mille parole: 55 medaglie complessive tra Olimpiade, Mondiale ed Europeo, sei ori olimpici di cui tre individuali consecutivi, sedici titoli iridati e undici Coppe del Mondo individuali, il record assoluto di 78 vittorie in prove di Coppa del Mondo, 13 ori continentali. È stata portabandiera azzurra all’ultima Olimpiade di Londra 2012.
Maria Valentina Vezzali, questo il suo nome completo, nasce a Jesi il 14 febbraio 1974, e al Santo degli innamorati deve il nome con cui entrerà poi nella leggenda dello sport. A sei anni si avvicina alla scherma quasi per gioco, mentre assiste agli allenamenti della sorella Nathalie, allora giovane promessa del fioretto, al Club Scherma Jesi. Qui insegna il Maestro Ezio Triccoli, che con metodi di insegnamento del fioretto rivoluzionari per l’epoca e tutti fondati sulla velocità e i movimenti abbreviati grazie al miglior utilizzo del polso nella stoccata, dagli anni Ottanta in avanti diventerà il padre schermistico di una generazione di campioni raramente vista in uno sport, da Stefano Cerioni a Giovanna Trillini fino a Elisa Di Francisca. Sarà proprio il Maestro Triccoli a capire per primo le enormi potenzialità di Valentina e a creare le basi tecniche e la tempra psicologica che ne saranno i pilastri della carriera.
Fin dalle gare giovanili emergono le qualità peculiari di Valentina Vezzali: la sua statura e struttura fisica non certo imponenti (arriverà a 1 metro e 64 per 53 kg) ne fanno l’interprete ideale della scherma teorizzata dal Maestro Triccoli, con doti di tempismo e una capacità di cogliere e sfruttare la minima debolezza dell’avversaria in pedana che le varranno qualche anno più tardi il soprannome di Cobra, per l’inesorabile efficacia che caratterizzerà tutti i suoi successi. I primi anni a Jesi e nella Nazionale azzurra, a inizio anni Novanta, coincidono con le grandi vittorie di Giovanna Trillini: di quattro anni più grande di Valentina, è lei a conquistare infatti uno storico oro olimpico individuale a Barcellona 1992 e a tenere a battesimo con l’oro a squadre il primo Dream Team del fioretto italiano (con Francesca Bortolozzi, Diana Bianchedi, Margherita Zalaffi e Dorina Vaccaroni), mentre la Vezzali arriva solo a sfiorare la convocazione ai Giochi.
Nei quattro anni che precedono Atlanta 1996 le prime medaglie individuali – la prima in assoluto di bronzo al Mondiale 1993 di Linz – e l’ingresso conseguente nella squadra proiettano Valentina ai vertici del fioretto mondiale, e proprio negli Stati Uniti arriva a sfiorare l’oro olimpico, superata nella finalissima dalla romena Laura Badea, e al primo oro a squadre a Cinque Cerchi insieme a Giovanna Trillini e Diana Bianchedi.
I quattro anni verso Sydney 2000 sono quelli dei primi ori individuali continentali (1998 e 1999) e iridati (1998) e proprio il primo oro individuale nell’Olimpiade australiana – bissato con quello a squadre sempre con Trillini e Bianchedi – è l’ultimo gradino da salire affinché il Cobra si possa trasformare nella Regina del fioretto. La cavalcata del quadriennio prima di Atene 2004 è un crescendo di vittorie: sei medaglie d’oro tra Mondiali ed Europei e cinque Coppe del Mondo consecutive. Il bis olimpico ad Atene con la vittoria nella finale per l’oro su Giovanna Trillini segna l’ideale passaggio di testimone tra le due campionesse jesine e proietta Valentina Vezzali nella storia olimpica.
Il percorso verso Pechino 2008 inizia con un’impresa che sarà ricordata a lungo: Valentina si presenta al Mondiale di Lipsia nel 2005 a soli pochi mesi dalla gravidanza e dalla nascita del primogenito Pietro, e con una preparazione-lampo e soprattutto senza gare disputate in stagione riesce a conquistare la quarta medaglia d’oro individuale, in una serie che porterà a quota cinque nel 2007 a San Pietroburgo. A Pechino la storia olimpica diventa leggenda, con il terzo oro individuale consecutivo a spese della coreana Hyun-Hee Nam: un’impresa mai riuscita a nessuno schermidore prima di Valentina Vezzali, così come per la decima Coppa del Mondo vinta a fine stagione.
Da Pechino a Londra 2012, dove Valentina sarà portabandiera azzurra alla cerimonia d’apertura, inizia l’ultima fase della carriera di una Regina non più imbattibile: si affacciano alla ribalta le due eredi al vertice del fioretto azzurro, prima Elisa Di Francisca e quindi Arianna Errigo, che iniziano a dividere con lei le medaglie iridate e le Coppe del Mondo, ma nonostante ciò i morsi del Cobra tornano a farsi sentire in due edizioni dell’Europeo (a Plovdiv 2009 e a Lipsia nel 2010) e in una al Mondiale, il sesto e ultimo, a Catania nel 2011. L’Olimpiade certifica il cambio della guardia al vertice del Dream Team: Di Francisca d’oro, Errigo d’argento, ma Vezzali di bronzo dopo una rimonta clamorosa in una finale per il podio praticamente già persa (da 8-12 a 12-12 negli ultimi 13 secondi dell’assalto e vittoria al supplementare) contro la stessa Nam di Pechino quattro anni prima. L’oro a squadre, il terzo in carriera, la consegna alle statistiche: 19 medaglie d’oro a fine carriera tra Mondiale e Olimpiade, e record strappato al grande Edoardo Mangiarotti.
Gli ultimi anni di carriera sono, come spesso capita, il riepilogo della storia unica nel suo genere di una fuoriclasse rispettata ma, forse, mai amata fino in fondo dal grande pubblico italiano: esempio di conciliazione di maternità e successo professionale in un Paese dove il binomio è spesso ostacolato anche per limiti culturali, impegnata in politica (è deputato dal 2013) nel momento più acuto della crisi del rapporto tra cittadini e istituzioni dal Dopoguerra, atleta fra gli Assoluti fin oltre i 40 anni inseguendo il sogno di una sesta Olimpiade, quella di Rio 2016, che non potrà realizzarsi soltanto per la regola dell’esclusione della prova a squadre di fioretto femminile che limita a due i posti disponibili per l’Italia – per ranking sarebbe la prima fra le non qualificate, davanti a lei soltanto Errigo e Di Francisca – quando la logica avrebbe forse suggerito un ritiro dopo Londra 2012. Al netto di ogni considerazione, tuttavia, domani sera la scherma italiana e internazionale vedranno calare il sipario sulla carriera sportiva di un personaggio di statura gigantesca come pochi altri se ne sono visti in passato e, forse, mai se ne vedranno in futuro.