Serie A

Juventus, riecco Morata tra dubbi e speranze: lo spagnolo cerca la consacrazione

Alvaro Morata
Alvaro Morata - Foto Antonio Fraioli

Dopo più di un mese di voci di mercato, la Juventus ha trovato il suo nuovo numero 9. Per il ritorno di Àlvaro Morata ai bianconeri manca soltanto l’ufficialità, col giocatore che in mattinata ha svolto le visite mediche di rito per completare il trasferimento dall’Atlético Madrid. L’acquisizione avverrà in prestito oneroso con diritto di riscatto, per un valore totale dell’operazione che dovrebbe attestarsi attorno ai 55 milioni di euro. Non si può parlare di una vera e propria sorpresa, considerando che si era già menzionato lo spagnolo come uno dei tanti nomi per cui la Juve aveva preso informazioni; tuttavia, intorno a questa mossa di Paratici sembra circolare un certo scetticismo. In particolare, anche per la narrazione delle trattative della Juventus che è stata fatta in queste settimane, Morata sembra prima di tutto un ripiego, un piano B che il DS campione d’Italia ha dovuto attuare viste le difficoltà per arrivare a Džeko (e prima ancora a Suárez).

Per molti versi va riconosciuto che questo scetticismo è legittimo. Morata ritorna a Torino dopo quattro stagioni in cui, per diversi motivi, non è riuscito in quel salto di qualità che tutti si aspettavano da lui, soprattutto quando lasciò il Real Madrid per accasarsi al Chelsea di Conte. A Londra, ma poi anche all’Atlético, l’attaccante spagnolo ha però confermato quei limiti prima di tutto psicologici che lo avevano frenato già per buona parte della sua seconda stagione a Torino. Morata è un giocatore potente ma un ragazzo fragile, che nei momenti migliori sembra in grado di fare tutto e poi improvvisamente non è più in grado di fare niente. Quest’altalena di rendimento ha caratterizzato tutto il percorso nel mondo del calcio del classe 1993, un giocatore che a 22 anni è stato in grado di condurre la sua squadra in finale di Champions League, ma poi non ha mai più ritrovato quel tipo di fiducia che in certe notti europee lo rendeva semplicemente inarrestabile. Logico allora pensare che la scelta di Morata sia stata quella di tornare a Torino per ritrovare un certo tipo di stimoli che gli sono mancati in tutti gli altri club in cui ha giocato. Nel calcio però la logica conta il giusto e in effetti lo spagnolo dovrà adattarsi ad uno stile di gioco molto diverso da quello del suo primo periodo in bianconero. Con Allegri, Morata ha sempre ricoperto il ruolo di attaccante mobile, piuttosto libero di svariare su tutto il fronte offensivo e puntare l’uomo grazie alle sue strepitose doti in conduzione.

In quegli anni questo pattern si è ripetuto quasi sempre allo stesso modo, con inevitabili aggiustamenti in base al
partner d’attacco (Llorente, Tévez, Dybala, Mandžukić o Zaza). Nella nuova Juve di Pirlo, Morata dovrà invece occuparsi di più dei movimenti in profondità, ad aprire gli spazi per le iniziative di Cristiano Ronaldo e Dybala – loro invece inevitabilmente più liberi. Inoltre, in un sistema che dal centrocampo in su non sembra prevedere posizioni fisse, a Morata verrà probabilmente chiesto di sobbarcarsi anche un lavoro senza palla non indifferente per poter da un lato coesistere con due talenti del genere, senza però rinunciare dall’altro all’ambizione di Pirlo di recuperare la palla il prima possibile, almeno nella metà campo avversaria.

Forse il principale plus della scelta di Morata per la Juventus è proprio questo: la versatilità dello spagnolo completa per caratteristiche il reparto offensivo dei bianconeri molto di più di quanto non avrebbero fatto attaccanti come Džeko o Suárez, che avrebbero certamente dato maggiori garanzie di rendimento, ma solo a patto di determinati accorgimenti per garantirne una coesistenza proficua con CR7. Sull’altro lato della medaglia c’è invece la realtà dei fatti degli ultimi anni di Morata, un giocatore che ha mantenuto una media-gol piuttosto alta (circa una marcatura ogni due partite intere, ndr) ma senza mai giocare più di 2800 minuti in una sola stagione. Pochi, per un giocatore che dovrebbe essere in teoria l’attaccante titolare della Juventus. La scommessa di Paratici è che Morata faccia questo salto, mantenendo alto il livello prestazionale con continuità e diventando quindi indispensabile, o almeno molto utile come antidoto per il problema dell’attacco in profondità che tanto caro è costato a Maurizio Sarri. Un nuovo enigma nella testa di Pirlo, che ora ha a disposizione un reparto offensivo di assoluta qualità, ma da assemblare e gestire con cautela per allontanare Morata da quel vortice di sfiducia e sfortuna che già troppe volte lo ha risucchiato lontano dalla discussione su chi siano i migliori attaccanti del mondo.

A 27 anni arriva la sfida più complicata della carriera di Àlvaro Morata: sfruttare al massimo le proprie doti realizzative, fisiche e tecniche per diventare una certezza e cancellare le perplessità sulla sua continuità di rendimento. Morata è chiamato a superare i propri limiti storici per vincere con la Juventus e diventare un punto fermo anche in Nazionale. Per farlo ha scelto il posto che più di tutti gli altri, nella sua carriera, è stato una casa. Solo il tempo potrà dirci quali saranno i frutti di questa decisione.

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