Serie A

Bologna, Mihajlovic: “Davo tutto per scontato, ora mi godo ogni momento. La malattia mi ha reso migliore”

Sinisa Mihajlovic, Bologna - Foto Antonio Fraioli

Mi godo ogni momento. Prima non lo facevo, davo tutto per scontato. Conta la salute, contano gli affetti. Nient’altro. La malattia mi ha reso un uomo migliore“. Così il tecnico del Bologna, Sinisa Mihajlovic racconta l’esperienza vissuta con la leucemia nella sua autobiografia “La partita della vita”. “Ammalarsi non è una colpa. Succede, e basta. Ti cade il mondo addosso. Cerchi di reagire. Ognuno lo fa a suo modo. La verità è che non sono un eroe, e neppure Superman. Sono uno che quando parlava così, si faceva coraggio. Perchè aveva paura, e piangeva, e si chiedeva perchè, e implorava aiuto a Dio, come tutti – ha proeseguito l’allenatore rossoblù in un’intervista al Corriere della Sera – Pensavo solo a darmi forza nell’unico modo che conosco. Combatti, non mollare mai. E chi non ce la fa? Non è certo un perdente. Non è una sconfitta, è una maledetta malattia. Sono un uomo controverso e divisivo, si dice così? E ci ho messo anche io del mio. Facevo il macho, dicevo cose che potevo tenere per me. Ma se faccio una cazzata, e ne ho fatte tante, mi prendo le mie responsabilità“. In merito all’amicizia con Zeljko Raznatovic, meglio conosciuto come Arkan, ha aggiunto: “Nei miei anni a Belgrado l’ho frequentato per circa 200 sere all’anno. La fascinazione del male? Forse all’inizio c’era anche quello, poi diventammo davvero amici. Quando morì, pubblicai il famoso necrologio che mi ha attirato tante critiche per il mio amico Zeljko, non per il comandante Arkan, capo delle Tigri. Non condividerò mai quel che ha fatto, e ha fatto cose orrende. Ma non posso rinnegare un rapporto che fa parte della mia vita, di quel che sono stato. Altrimenti sarei un ipocrita”. Per ultimo, Mihajlovic ha ricordato il 25 agosto 2019, quando durante la conferenza stampa a Verona, aveva annunciato di essere malato: Rischiavo di cadere per terra davanti a tutti e un paio di volte stavo per farlo ma volevo dare un messaggio. Non ci si deve vergognare della malattia. Bisogna mostrarsi per quel che si è. Volevo dire a tutte le persone nel mio stato, ai malati che ho conosciuto in ospedale di non abbattersi, di provare a vivere una vita normale, fossero anche i nostri ultimi momenti. L’affetto e gli applausi mi hanno aiutato molto, ora basta. Non vedo l’ora di tornare a essere uno zingaro di m…”, ha concluso.

SportFace