Champions League

La notte di Simone Inzaghi, niente follie: parola d’ordine lucidità

Simone Inzaghi
Simone Inzaghi - Foto Antonio Fraioli

C’è una domanda, una esortazione che sfocia anche in una critica feroce, che serpeggia nelle menti di molti tifosi interisti e non: “perché Simone Inzaghi non ha messo Dzeko a dieci minuti dalla fine tentando il tutto per tutto?”. “Ho dovuto fare altri calcoli”, ha risposto l’allenatore interista a fine gara. Tradotto: ha pensato alla trasferta di Torino e ad un campionato che, a dieci giornate dalla fine (undici per l’Inter), rischia di essere un testa a testa con il Milan in cui ogni punto, ogni passo falso, può essere decisivo.

L’Inter nella doppia sfida con il Liverpool esce con grande consapevolezza. Consapevolezza di essere tornata, dopo un digiuno di oltre un decennio, nei palcoscenici europei a cinque stelle e lo ha fatto entrando dalla porta principale. Laddove anche Antonio Conte, con Lukaku, Hakimi ed Eriksen in più, aveva fallito. Consapevolezza che per poter passare il turno contro il Liverpool serviva un finale diverso nel match d’andata. Lo scoramento dopo le occasioni sbagliate e dopo il gol di Firmino è stato evidente. Gli ultimi quindici minuti di San Siro sono stati decisivi in ottica passaggio del turno perché andare ad Anfield e partire dallo 0-2 è un Everest troppo grande da scalare mani nude. Nonostante questo l’Inter ci ha creduto, è partita forte, ha giocato un calcio europeo. E’ stata anche fortunata, quello che era mancato all’andata, visti i tre pali colpiti da Fabinho e Salah. E ha trovato un gol, la gemma di Lautaro Martinez, che per un paio di minuti ha alimentato le speranze di una rimonta che sarebbe stata epica. Poi il brusco risveglio: il cartellino rosso a Sanchez. La partita è finita esattamente in quell’istante nella mente di Simone Inzaghi. 

Giocare trenta minuti in dieci, pensare di segnare un gol con un uomo in meno per poi doverne giocare altri trenta di minuti in inferiorità numerica per l’allenatore piacentino è apparsa una utopia da non inseguire. Un rischio troppo grande per il resto della stagione. Meglio pensare alle cose concrete: un campionato da provare a vincere. Anche perché nessuno, neanche il più ottimista dei tifosi, accreditava l’Inter di poter essere una pretendente alla vittoria della Champions League. In undici contro undici Inzaghi aveva pronto Gosens e poi sicuramente si sarebbe giocato la carta Dzeko. Ma prima l’espulsione di Sanchez, poi l’infortunio di Brozovic hanno scombinato i piani. Una gestione lucida da parte dell’allenatore dell’Inter che si scontra con i cuori di migliaia di tifosi. L’eterno dualismo tra testa e cuore, tra razionalità e passione. Come diceva qualcuno: “Ai posteri l’ardua sentenza”.

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