Amarcord

L’angolo del ricordo, Stephen Curry: un assassino (e un MVP unanime) con la faccia da bambino

Stephen Curry, Golden State Warriors - Foto Cyrus Saatsaz CC BY 4.0

10 maggio 2016: Stephen Curry diventa l’unico MVP della regular season ad essere votato all’unanimità. “Non importa se il giocatore di fianco a me è più alto, più grosso o più veloce di me. Se ho la passione, se ho il cuore di sfidarlo, il più delle volte sono io a vincere”, questa una delle frasi più famose riconducibili al numero 30: dietro a questa affermazione sicuramente tanto talento, tanto lavoro, ma, soprattutto, tanta fiducia nei propri mezzi.

Nasce il 14 marzo del 1988 ad Akron, in Ohio, nel medesimo ospedale in cui qualche anno prima nacque LeBron James. Figlio del padre Dell (ex giocatore NBA) e della madre Sonya (ex giocatrice di pallavolo), frequentò la Charlotte Christian School dove diventò il miglior marcatore della storia della scuola con oltre 1700 punti realizzati. Nonostante il successo di Steph Curry al liceo, molte università per via del suo fisico poco sviluppato non lo scelsero perché secondo loro con quel fisico il giovane Steph non avrebbe potuto tenere il ritmo di una stagione intera. Ad ogni modo, Stephen Curry approdò al Davidson College, che non vinceva una gara di NCAA da ben 40 anni. Nella prima partita stagionale Curry segna 15 punti ma perdendo ben 13 palloni, mentre nella seconda uscita della stagione inizia a far vedere chi è Stephen Curry sfornando una prestazione pazzesca da ben 32 punti, 4 assist e ben 9 rimbalzi e finirà la stagione primo per punti realizzati nella Southern Conference (21.5) e secondo solamente a Kevin Durant in tutta la NCAA. Nella stagione successiva Curry arriva a toccare i 191 cm di altezza e conclude la stagione con 25.5 punti, 4.7 rimbalzi e 2.8 assist di media portando la sua squadra addirittura a giocarsi le Final Eight del torneo NCAA.

Fu scelto in uno dei Draft più ricchi di talento, ovvero quello del 2009: settima scelta assoluta, visto che i dubbi sul suo fisico continuavano ad esserci. Da quel momento non si è mai schiodato dalla Bay Area. La sua carriera non è sempre stata tutta rosa e fiori, infatti dopo una buona partenza (inserito subito in quintetto ed al suo esordio ha messo 14 punti, 7 assist e 4 palle rubate) e dopo aver messo la sua prima tripla doppia il 10 febbraio del 2010, nelle due successive stagioni Steph avrà vari problemi fisici (specialmente alle caviglie) che lo costringeranno a saltare diverse partite. In questi anni i Golden State Warriors per via dei numerosi problemi fisici di Stephen Curry, penseranno addirittura di scambiare il figlio di Dell per arrivare ad Andrew Bogut, uno dei migliori centri difensivi della NBA. E’ tuttavia proprio dopo l’All-Star Game di questa stagione, quando totalizza 22 punti di media che nasce il suo soprannome: “Baby-faced Assassin”, l’assassino con la faccia da bambino, a testimoniare come al tempo non dimostrasse l’età anagrafica.

Alla fine la dirigenza Warriors rinnoverà la fiducia al proprio playmaker scambiando la stella della squadra suscitando molti dubbi nella tifoseria della squadra della Baia: stiamo parlando di Monta Ellis. Mai scelta fu più azzeccata, visto che nel 2013 Stephen Curry esploderà definitivamente facendo registrare anche il proprio career high di 54 punti contro i New York Knicks realizzando ben 11 triple su 13 tentativi. Nell’ultima partita della stagione invece, Stephen Curry contro i Portland Trail Blazers realizzerà la tripla numero 272 della sua stagione (che batterà lui stesso portandolo a 286), sconfiggendo il precedente record di Ray Allen. Steph trascinerà inoltre i suoi Golden State Warriors ai playoffs per la prima volta dal 2007, venendo però eliminati dai San Antonio Spurs in semifinale della Western Conference. Durante la stagione 2014/2015, il numero 30 degli Warriors farà vedere a tutto il mondo chi è Stephen Curry battendo record su record, tra cui segnando 1000 triple in carriera in sole 369 partite (88 partite in meno rispetto a Dennis Scott, precedente detentore del record). Al termine della stagione, i Golden State Warriors ottengono il miglior record della Western Conference con 67 partite vinte e 15 partite perse e si laureeranno campioni NBA superando i Cleveland Cavaliers nelle Finals per 4-2 e Steph Curry realizzerà 98 triple durante i soli playoffs, ben 40 in più del precedente record.

Nella stagione successiva i Golden State Warriors e Steph Curry sembrano dominare la Lega, battendo lui stesso altri record e permettendo ai suoi Warriors di battere il record di vittorie in una stagione dei Bulls di Michael Jordan concludendo la Regular Season con ben 73 partite vinte e solamente 9 sconfitte. Steph Curry verrà premiato come MVP della regular season per il secondo anno consecutivo: divenne, con numeri letteralmente senza senso (30.1 ppg, 45% dall’arco, 91% dalla lunetta e 402 triple messe a segno), il primo MVP unanime della storia dell’NBA. Nonostante ciò, i Golden State Warriors perderanno in finale contro i Cleveland Cavaliers dopo essere stati in vantaggio per 3-1, diventando così la prima squadra ad essere sconfitta in una serie finale dopo essere stata sopra per 3-1. L’anno successivo gli Warriors ingaggiano Kevin Durant e questo sembra poter destabilizzare lo spogliatoio degli Warriors: Steph infatti interromperà la sua striscia di partite consecutive con almeno una tripla realizzata facendo registrare una partita da 0 su 10 al tiro dall’arco. Tuttavia nella partita successiva batterà il record di triple realizzate in una singola partita con un clamoroso 13 su17 da tre punti e la chimica di squadra con KD e i compagni migliora giorno dopo giorno, infatti i Golden State Warriors vinceranno il titolo NBA per i due anni successivi, ma l’MVP delle Finals lo vincerà in entrambe le occasioni Kevin Durant.

Tralasciando i numeri, i titoli e i riconoscimenti, ciò che rimane è l’abilità all’interno del rettangolo di gioco. Stiamo parlando sicuramente di un attaccante pazzesco che fa del tiro da 3 punti la sua migliore arma offensiva, ma oltre a questa specialità lui è in grado anche di battere chiunque in uno contro uno finendo con una penetrazione al ferro in sottomano oppure di segnare una tripla in stepback. Infatti per i difensori avversari marcare Stephen Curry è un’impresa non da poco, disorientati dai palleggi veloci e snervanti del play dei Warriors. Inoltre Curry è dotato di un’intelligenza nello smarcarsi fuori dal comune e ciò gli permette di potersi prendere alcuni tiri completamente smarcato proprio per via del suo smarcamento, oltre anche alla sua velocità impressionante. Difetti? Non è un buon difensore: ciò infatti lo rende spesso bersaglio degli attacchi avversari e per via della sua poca prestanza fisica viene spesso mandato a difendere in post, dove quasi sempre è necessario un raddoppio da parte della sua squadra.

Insomma, nonostante tutto ci sono i margini per lui per poter diventare il giocatore con il maggior numero di triple in carriera (2495 triple contro le 2973 di Ray Allen): ciò che è inequivocabile è come sia il miglior tiratore di sempre e uno dei migliori e attaccanti della storia della NBA.

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