Due ori, un argento e due bronzi, a cui si aggiungono le ufficiose medaglie di argento e bronzo dalla prova a squadre della mezza maratona. Questo il bottino delle medaglie della nazionale italiana al campionato Europeo di Amsterdam 2016: ottavo posto nel medagliere “classico”, confermato anche in quello per piazzamenti. Certo non si può parlare di successo in senso assoluto ed i toni trionfalistici non sono adeguati a questa spedizione, ma i segnali sono quelli giusti e finalmente l’Italia sembra uscire da una manifestazione internazionale con molti motivi per cui sorridere.
[the_ad id=”10725″]
Questo Europeo è stato quello delle conferme per molti, per quella Libania Grenot che uccide la competizione sul giro di pista, confermando il titolo di due anni fa. La conferma di Gianmarco Tamberi, che dopo il titolo mondiale al coperto si conferma anche nella rassegna continentale, ma anche quella di Daniele Meucci, che sulla distanza dimezzata della maratona rimane sul podio (terzo) dopo il successo di due anni fa. È stata la conferma di un movimento che vuole far capire di non essere più vecchio di passaporto e mentalità.
È stata proprio l’atteggiamento di questa squadra uno dei fattori più importanti: dalla zona mista e dagli atteggiamenti in campo e sui social network, si evince una squadra più coesa, più forte, si sente un attaccamento alla maglia, un senso di onore nel rappresentare la nazionale con orgoglio e voglia di divertirsi e divertire. In questo proprio la scelta di eleggere come capitani la Grenot e Tamberi è stata chiave, due atleti diversi per storia e per modo di vivere, ma due atleti carismatici, capaci di ispirare, motivare, divertire e vincere. Tamberi con il suo atteggiamento un po’ scanzonato ha mostrato che si può vivere con serenità la pressione di dover vincere, la Grenot invece ha ispirato un’intera staffetta perché il sogno di una medaglia insperata potesse diventare realtà per un gruppo coeso e talentuoso come la 4×400.
Non sono certo mancate le delusioni: è continuato il momento difficile del talento cristallino di Alessia Trost, la cui rivalità con la quasi conterranea e compagna di allenamento Desirée Rossit non ha portato i frutti sperati, con entrambe lontane dalla zona medaglie, una Gloria Hooper che non ha trovato accesso ad una finale sui 200 alla sua portata, un podio mancato di poco per Santiusti Yusneysi degli 800m, la mancata qualificazione a Rio delle due staffette maschili… ma in una spedizione complessivamente positiva, dove la maggior parte degli atleti ha ritoccato i propri personali o comunque vi è arrivato vicino, spingendosi oltre le qualificazioni più spesso di quanto sperato, anche questi risultati possono esser visti in ottica positiva, o comunque non come un fallimento. L’atteggiamento mostrato da chi non ha fatto quanto sperato, infatti, lascia intuire voglia di lavorare duramente, senza scuse, perché questa diventi una lezione e non un fallimento. Un esempio è quello di una Ayomide Folorunso, che quarta dei 400 ostacoli con il personale si è presentata in zona mista fiera di quanto fatto, ma decisa a migliorarsi ancora, perché il futuro la veda sul podio.
Certo, il mondo è grande e l’atletica non è più europea in tante discipline e se è vero che Dafne Schippers spaventa anche oltre oceano, discipline come la velocità sono puramente americane o caraibiche, la resistenza africana e vincere un titolo europeo in queste discipline non garantisce nemmeno una finale all’Olimpiade, ma questo è un discorso che andrebbe fatto disciplina su disciplina, evento su evento. Fatto resta che sarà interessante vedere chi si confermerà, tra le nazioni che hanno fatto benissimo a questo Europeo, e chi invece non ha fatto altro che raccogliere i cocci di discipline non competitive a livello continentale. Ecco quindi che la Polonia e la Germania, che tra i lanci e qualche individualità tattica nel mezzofondo e tecnica nei salti, hanno tutte le carte in regola per fare altrettanto bene anche a Rio, mentre la Turchia, con il suo shopping nelle lunghe distanze, difficilmente la vedremo così in alto nel medagliere. E l’Italia? L’Italia continua a mancare di tradizione e movimento nei lanci, che a livello Europeo sono complessivamente i più competitivi al mondo, ma si è confermato il salto in alto, pur ancora con il punto interrogativo delle due ragazze, e ha dato buoni segnali il triplo femminile. Due grandi lacune sono evidenti nell’asta e nel lungo, con il triplo maschile vessato dagli infortuni.
Ed infine, ma forse sarebbe da dire soprattutto, il messaggio splendido di integrazione e voglia di rinascita che attraverso lo sport vuole essere più universale: ecco una squadra multietnica ma fieramente italiana, ragazzi che portano i nomi dei genitori d’oltremare, ma parlano con accento veneto, piuttosto che romano, che si commuovono all’inno e si scusano con la nazione se non hanno fatto quanto potevano. Abbiamo visto ragazzi giovani e meno giovani sorridere, raccontarsi, consolare chi non è andato altrettanto bene o motivare chi doveva ancora partire. Sarebbe bello vedere un’Italia così più spesso, anche fuori dalla pista d’atletica.