Interviste Esclusive

Lucilla Boari: “L’esperienza mi ha resa migliore. Nel tiro con l’arco serve disciplina”

Lucilla Boari - Foto Twitter FITARCO

La prima Olimpiade a Rio de Janiero nel 2016, a soli diciannove anni. L’emozione di un quarto posto nella prova a squadre e la consapevolezza di poter arrivare sempre più in alto. Lucilla Boari, arciera lombarda classe 1997, ha già in tasca il pass per Tokyo 2020. Dal 2018 fa parte delle Fiamme Oro, gruppo sportivo della Polizia di Stato. “Tiriamo a 70 metri per colpire un bersaglio di 122 cm, serve disciplina”. Mentalità, personalità e idee chiare non le mancano.

 

È inevitabile partire da questa strana sensazione che stiamo vivendo tutti, spesso lontani dai nostri cari e dalle nostre passioni. Come la stai affrontando?
“Nessuno di noi avrebbe mai potuto immaginare nulla di simile, devo essere sincera. È un momento duro, per noi e per le nostre famiglie. Lo sport passa in secondo piano quando c’è la salute con cui fare i conti ma è nostro dovere continuare ad andare avanti. Mi alleno a Cantalupa, in provincia di Torino, e con molteplici accortezze stiamo riuscendo ad adattarci a questo terribile momento. È davvero qualcosa di anomalo, che fa riflettere sotto tanti punti di vista. La mia situazione è identica a quella di tanti altri arcieri; dobbiamo farci forza gli uni con gli altri e aspettare che passi tutto quanto”.

Sullo sfondo lo spettro della cancellazione dei Giochi Olimpici di Tokyo. Questo stato di incertezza, dopo aver lottato duramente per quattro anni, che effetto ti fa?
“Fino al momento in cui non avremo notizie ufficiali in un senso o nell’altro credo non sia giusto preoccuparsi. Nell’ultimo periodo si sono rincorse voci di ogni genere ma senza basi e spesso dettate esclusivamente da motivi politici o economici. Chi vuole provare a farle ad ogni costo, chi a parte chiuse, chi infine non ha dubbio alcuno sul volerle rimandare: l’incertezza non aiuta nessuno ma programmerò un piano solo nel momento in cui ci sarà una decisione definitiva degli organi competenti”.

Il tuo è uno sport particolare, spesso lontano dalla luce dei riflettori. Ci racconti come ti ci sei avvicinata e perché?
“Come spesso accade, anche nel mio caso è stato un genitore a farmici avvicinare. Mio padre tirava da giovane, ha smesso quando sono nata e ha ripreso che avevo da poco compiuto sette anni. È stato lui il mio primo allenatore e da quel momento non ho più smesso. Giorno dopo giorno la passione era sempre più grande e quando ho iniziato a ricevere conferme dagli addetti ai lavori ho capito che sarebbe stata la mia strada. Sono una persona testarda, che vuole sempre il massimo. Oggi il tiro con l’arco è la mia vita”.

Quattro anni fa la tua prima Olimpiade a Rio de Janeiro. Condividere emozioni e spazi con altri atleti, la gara, il Villaggio Olimpico. Che ricordi hai di questa esperienza?
“Dovessi rivivere la stessa situazione oggi, sarebbe tutto completamente diverso. Sono arrivata a Rio de Janeiro all’improvviso, senza pianificazione e tutto era da scoprire. Solo a distanza di anni sto riuscendo a realizzare cosa sia accaduto in Brasile e a prescindere dal risultato è stato qualcosa di fantastico. Il Villaggio Olimpico ti lascia addosso belle sensazioni, ti fa sentire tra i migliori del mondo. Ricordo di aver fatto tante foto con atleti azzurri che ho sempre stimato ed ammirato. Ho diversi punti di riferimento nello sport ma nessuno in particolare. L’Olimpiade è una cosa a parte, che non ammette paragoni. È ciò che si sogna da bambini e che un giorno si spera di raggiungere, magari conquistando una medaglia”.

Cosa provi quando sali in pedana? Hai un modo tutto tuo per caricarti e trovare la giusta concentrazione?
“È un momento speciale, senza dubbio. Le cose cambiano tanto a seconda delle condizioni in cui si sale in pedana. Se tutto sta andando bene e si è convinti di poter vincere la gara ci si approccia con un determinato stato d’animo; se il morale è giù perché qualcosa è andato storto ci si focalizza soltanto sull’aspetto negativo. Trovare un punto di equilibrio è particolarmente complesso. L’obiettivo è quello di rincorrere la vittoria perfetta e per questo ci si mette molta pressione. Un modo per scaricare? La musica. Ne ascolto molta sebbene non abbia un genere preferito. Mi lascio trasportare dall’umore”.

Che rapporto hai con il tuo arco?
“Amore e odio. Ci sono momenti in cui tutto sembra semplice, in cui i punteggi arrivano e sembra di galleggiare. Ecco, in quei momenti l’arco è davvero leggero. Altre volte, invece, si vive con frustrazione. Sono momenti che sfrutto per riflettere, per capire cosa stia accadendo a me e all’arco. Lo strumento va settato sulla base delle nostre caratteristiche personali, con massima cura”.

Messo un attimo da parte il tuo “strumento”, che ragazza sei?
“Ho diverse passioni anche se il tempo libero per coltivarle non è tanto. Tiriamo tutti giorni, in media cinque ore al giorno e si arriva a scagliare tante frecce. È uno sport “lento”, dove la concentrazione va mantenuta per un periodo molto lungo. Una volta, per sfida, sono arrivata a scagliare seicento frecce in un solo giorno. Quando ho modo di dedicarmi ad altro mi piace guardare le serie tv e ascoltare musica. Una cosa in particolare mi sta mancando in questo periodo difficile: vedere gli amici, magari per una pizza. Cose semplici ma che fanno stare bene”.

 A prescindere dai Giochi Olimpici che obbiettivi ti poni? A breve e a lunga scadenza.
“Spero con tutto il cuore di vivere i miei secondi Giochi Olimpici. So cosa voglio e quanto conterà l’esperienza accumulata a Rio de Janeiro e non solo. Aver già vissuto specifiche sensazioni ti fa prendere le cose in modo diverso, sia dal punto di vista umano che da quello professionale. Si, voglio una medaglia, mentre a lungo raggio vorrei migliorare i miei punteggi personali”.

Consiglieresti il tuo sport ad un ragazzo alle prime armi?
“Si, lo consiglierei. Attenzione, però, perché servono un’attitudine e una mentalità di un certo tipo. Osservo molto il mondo che mi circonda e mi spiace notare che nei più giovani si stia perdendo il principio della disciplina. Nel tiro con l’arco bisogna essere audaci e rischiare”.

SportFace