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Zverev si prende le Finals e finalmente gli applausi: non chiamatela impresa

Alexander Zverev - Internazionali BNL d'Italia 2018
Alexander Zverev - foto Adelchi Fioriti

Guai a chiamarla impresa: significherebbe non aver compreso ancora appieno di cosa è capace Alexander Zverev. Nella stucchevole lotta mediatica tra la generazione dei fenomeni e Next Gen (stigmatizzata tra l’altro dai diretti interessati più o meno in ogni conferenza stampa), il ventunenne tedesco si iscrive definitivamente nel club dei grandi. E no, questa volta non si parla d’età, ma di quei tennisti capaci di prendersi l’ultimo titolo della stagione contro i migliori del circuito. Sascha ci è riuscito alla stessa età di altri colossi come quella del suo nuovo coach Ivan Lendl, di Boris Becker e di Novak Djokovic. Già, proprio il serbo, numero 1 al mondo e super favorito della vigilia alla luce di un cammino nelle Atp Finals di Londra senza macchia, senza set persi o break subiti. Nole, che già pregustava il sesto titolo al Masters e un nuovo record all-time da condividere con Federer, si è ritrovato di fronte una versione ben diversa dello Zverev affrontato qualche giorno prima nel round robin e sconfitto per 6-4 6-1. Il tedesco sembra aver già fatto una caratteristica propria dei più forti, ossia il crescere di condizione con il passare dei giorni: l’esordio balbettante portato a casa grazie ai regali di Cilic, poi appunto la sconfitta con Djokovic e di lì Alex non si è più voltato indietro. Il 2-0 su Isner per centrare le semifinali, il successo su Roger Federer in due set tirati con buona pace dei ‘buuu’ di una O2 Arena indisciplinata. E in finale quei fischi si sono tramutati in applausi scroscianti per una prestazione perfetta, l’unico modo possibile per frenare l’avanzata di Djokovic. Occorrerà abituarsi alle chirurgiche soluzioni di rovescio di Zverev (ultima, e non per importanza, quella sul match point), alle sue collane tintinnanti in ogni colpo, alla sua incredibile capacità di far giocar male chiunque e sovrastarlo con improvvise accelerazioni. Manca solo l’ultimo step, la competitività 3 su 5 nonostante alcuni miglioramenti già evidenziati in questo 2018 con i primi quarti di finale Slam raggiunti a Parigi: una volta trovata continuità anche nei Major, Sascha resterà nel lotto dei favoriti su ogni superficie per tantissimo tempo.

DJOKOVIC, AMARO IN BOCCA – Qualche riga anche sullo “sconfitto”, un ruolo che raramente è appartenuto al serbo nella seconda metà di stagione. Dopo il ‘clic’ scattato con l’erba e la cavalcata che gli ha permesso di vincere Wimbledon e Us Open (agganciando Sampras a quota 14), i 1000 di Cincinnati (per completare il Golden Masters) e Shanghai, Nole aveva messo nel mirino anche Londra. Sul più bello, però, è forse mancata un quel pizzico di brillantezza dal punto di vista fisico e mentale per cambiare marcia e tener testa ad un indemoniato Zverev. Nole è invece tornato umano, improvvisando serve and volley e collezionando gratuiti: difficile credere che il serbo fosse già contento così, conoscendo un minimo la sua mentalità da dominatore del circuito.

APPUNTAMENTO AL 2019 – In attesa dell’epilogo di Coppa Davis per l’ultima finale della storia con il vecchio format), è tempo di bilanci anche per il circuito Atp. Il ranking mondiale ci consegna un numero 1, Novak Djokovic, con appena 54 vittorie stagionali e 11 sconfitte. Alle spalle del serbo troviamo Rafael Nadal e Roger Federer, altri due che, per infortuni o per scelta, hanno saltato diversi mesi del circuito. Toccherà dunque al ‘solito’ Alexander Zverev provare lo scacco ai re, alla luce di una quarta piazza che dista solamente 35 punti dal recordman svizzero e con rinnovata fiducia nei propri mezzi. Arrivederci, Atp.

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