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Nadal riprende da dove aveva lasciato. Garcia e Goffin, doppiette con vista Finals

Rafael Nadal, Us Open 2017 - Foto Ray Giubilo

Va in archivio la prima settimana di ottobre del circuito Atp e Wta con i tornei asiatici a monopolizzare le attenzioni di tennisti e appassionati. Dopo la parentesi Laver Cup, il numero 1 al mondo Rafael Nadal torna a gareggiare in un evento ufficiale e dà continuità al trionfo agli Us Open. Il maiorchino vince a Pechino dodici anni dopo il titolo conquistato in finale su Coria e lo fa in crescendo di condizione dopo un esordio thriller contro Pouille. Il francese dilapida infatti due match point consecutivi, di fatto sliding door per la cavalcata del mancino sino al titolo numero 75, il sesto della sua stagione. Isner e Dimitrov ci provano ma si arrendono in maniera onorevole, ci si attendeva invece sicuramente qualcosa di più dalla finale con Kyrgios. L’australiano, apparso in forma strepitosa in tutto l’arco della settimana, fallisce l’ennesimo esame di maturità restando ancorato ad un’errata chiamata arbitrale sulla palla break nel primo game dell’incontro. C’è di fatto battaglia sino al 2-2 (dopo oltre mezz’ora di battaglia), poi tra warning e penalty point Nadal veleggia senza troppi problemi sino al 6-2 6-1. Un epilogo che lascia l’amaro in bocca soprattutto per lo spettacolo in campo dei primi quattro giochi in cui Kyrgios è sembrato poter ripetere quanto fatto qualche mese fa a Cincinnati, prima di scollegare il cervello e perdere ogni legame con la partita. Un errore gravissimo in una finale, letale con Nadal dall’altro lato della rete: il maiorchino non si è mai distratto, anzi ha sempre tenuto altissimo il proprio livello per frustrare ogni (inesistente) tentativo di risalita dell’avversario, mettendo punti in cascina fondamentali per allontanare ulteriormente Roger Federer nel ranking. Lo svizzero è distante 2370 lunghezze alla vigilia di Shanghai, penultimo appuntamento Masters 1000, evento che segnerà il suo ritorno alle competizioni dopo l’eliminazione a Flushing Meadows per mano di Del Potro.

GOFFIN E GARCIA: BENE, BRAVI, BIS – Shenzhen e Tokyo per il belga, Wuhan e Pechino per la transalpina. Se il back to back di Goffin non stupisce particolarmente (nonostante sia arrivato nel mezzo di una stagione difficile e piena di problemi fisici), desta piacevole sorpresa il momento della Garcia, da sempre poco continua nel suo tennis tanto difficile quanto devastante nelle giornate positive. Caroline rischia grosso, sopravvive nella lotta di oltre tre ore contro Svitolina annullando un match point e stringe i denti per un problema alla gamba destra, vistosamente fasciata per tutta la settimana. Ma nei giorni seguenti lascia le briciole a Kvitova e piega la nuova numero 1 al mondo Halep: undici vittorie che le permettono di superare inaspettatamente la Konta all’ottavo posto nella Race to Singapore, l’ultimo ancora in palio. Balzo di cinque posizioni anche per Goffin grazie ai 750 punti in cascina dei tornei in Asia: il belga è ottavo (ma virtualmente settimo contando la rinuncia di Wawrinka) e ha tutte le carte in regola per staccare il pass per Londra, dove ha già esordito nel 2016 ma solamente come riserva.

NADAL E HALEP, I DIVERSI DESTINI DEI NUMERI 1 – Se Rafa non è certo un nome nuovo in vetta al ranking, diversa la situazione di Simona che ha finalmente spezzato il tabù alla quinta occasione utile. La rivincita sulla Ostapenko le ha regalato il trono Wta e la romena ha potuto finalmente sciogliersi in un pianto liberatorio: “Forse è la prima volta che mi accade in campo ma è il più bel momento della mia vita”. Peccato, però, non aver coronato il tutto con la vittoria nel torneo: a meno di 24 ore di distanza è arrivata infatti una sconfitta ad inaugurare il suo regno. Che sia di buon auspicio per la Halep: anche il suo “collega” Nadal nel 2008, dopo aver conquistato l’aritmetica certezza di scavalcare Federer con un’interminabile rincorsa, fu sconfitto il giorno seguente in semifinale a Cincinnati da Djokovic.

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