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Traduzione di Francesco Cerminara
Milos Raonic gioca con il cellulare. Siamo in un tavolo del Miami Steak House per mangiare una frittura di gamberi con contorno di insalata di quinoa, pomodorini e menta. Mentre parliamo di tennisti e scrittura, lui trova la commovente lettera d’ amore di Kobe Bryant verso il basket. “Sei uno scrittore”, mi dice. “Voglio ascoltare la tua indole letteraria”. Questo è tipico. Non tanto la parte poetica, ma la sua ricerca di opinioni. L’ultimo anno, mentre si riprendeva dai fastidi alla schiena, il venticinquenne canadese si è chiesto: “che cosa potrebbe aiutarmi?” In una parola sola: la scrittura. Ogni notte Raonic, attualmente numero 7 del ranking, butta “idee ed emozioni” su un blocchetto. Da poco, ha cominciato a leggere libri come L’arte di imparare, del prodigio degli scacchi Josh Waitzkin.
Il tennis è un gioco dai margini di vittoria sottili, specialmente se gareggi ad alti livelli. Ogni tennista prova a colmare il gap con i migliori. Il commentatore Justin Gimelstob crede che uno dei punti di forza di Raonic sia il “coraggio di essere grande”. Quando gli domando dei suoi obiettivi, il canadese non esita: “vincere una prova dello slam ed essere il numero uno del mondo.” Lui ci è andato vicino a Gennaio durante gli Australian Open, ma in semifinale Murray lo ha sconfitto e a Wimbledon lo scorso Luglio, dove ha ceduto nella finale ancora contro lo scozzese. Un anno fa, ha conquistato pure la quarta piazza. Due giorni più tardi però, un’operazione chirurgica ha rimosso i nervi infiammati ai piedi. (“Congratulazioni”, scherzò Raonic, “sono in anestesia”). Afflitto dagli infortuni è finito nella posizione 14.
A Maggio, il canadese ha assunto John McEnroe nella sua squadra di allenatori, che già includeva l’ex numero uno Moya e il saggio Riccardo Piatti. L’esperienza di McEnroe sull’erba e le sue leggendarie volée hanno completato il gioco del canadese, che ha affermato: “riuscivo a controllare le sensazioni e a manipolare quelle degli avversari. E’ una collaborazione che mi ha dato la giusta concentrazione per attaccare la rete.” Al primo torneo insieme, il London’s Queen’s Club, McEnroe e Raonic hanno raggiunto la finale. Mentre a Wimbledon, in due settimane si sono tolti la soddisfazione di mandare a casa Federer.
Il canadese è un omone di 197 centimetri. Il servizio è forse il suo colpo migliore. Quando gli chiedo gli aggettivi per descriverlo, replica così: “preciso, pericoloso e imprevedibile. Si proprio imprevedibile, difficile da leggere perché non si sa dove andrà a sbattere la pallina”. Servirà tutto questo per arrivare in vetta? Come diceva Patrick McEnroe, “da ogni atleta puoi solo pretendere che migliori giorno dopo giorno”.
Scritto da David Ebershoff