Amarcord

L’angolo del ricordo: Marrakech 2019, giudicatelo come vi Paire

Benoit Paire - Foto Adelchi Fioriti

Benoît Paire è un tennista talentuoso, irriverente, imprevedibile, creativo. L’ultimo aggettivo menzionato va attenzionato, in quanto creare nel tennis non è soltanto trovare l’intuizione tattica giusta fra quelle studiate in allenamento, ma inventare dei colpi che lascino sobbalzare avversari e spettatori, disegnare il campo con armonia, generare sensazioni, positive o negative che siano. Qualsiasi partita di Paire, è certo, non può lasciare indifferente chi abbia la fortuna di seguirla: un insieme di emozioni unico, con andamento talvolta ascendente e talvolta discendente. Paire non è soltanto genio e sregolatezza, sa di poter esser più di questo e sa di poter essere anche di meno, è causa sui in ogni sfida, è uno di quei giocatori che decidono le sorti della maggior parte degli incontri già negli spogliatoi.

L’atleta transalpino ha conquistato tre tornei ATP nel corso della sua carriera, tutti sulla terra rossa, fra i quali vi è il Gran Prix Hassan II 2019 di Marrakech. L’evento marocchino ha mostrato il miglior Paire, sicuro dei propri mezzi, incisivo, divertito e divertente. Il francese ha sconfitto avversari temibili come Aljaz Bedene, Pierre-Hugues Herbert, Jaume Munar, Jo-Wilfried Tsonga, sino a trovarsi di fronte Pablo Andujar all’ultimo atto, detentore dell’ultima edizione della competizione ed in generale già tre volte vincitore. L’occasione è fra le più importanti della sua carriera e Paire non la lascia sfuggire, 6-2 6-3 all’insidioso avversario iberico a coronamento di una settimana di aprile sopra le righe, proprio nel suo stile. Il punto simbolo della sfida è proprio il match point, il quale fa comprendere come il classe ’89 fosse in un momento brillante: servizio ad incrociare e dritto lungolinea fulminante per far secco l’opponente, così da arrivare alla gloria con il suo colpo notoriamente meno incisivo, così da offrire una risposta esplicita a chi ancora mettesse in dubbio le sue qualità.

Paire non è un giocatore esente da difetti, naturalmente, ma molti di questi possono rientrare nella sfera psicologica, la quale spesso influenza alcune giocate tecniche ed in generale il rendimento del giocatore. Molti atteggiamenti del francese contraddicono il puro talento che ha dimostrato a più riprese, tanto che essi siano arrivati a caratterizzare il tennista più che le sue stesse magie in campo. Il dritto di Paire è uno dei punti deboli del suo gioco, come anticipato precedentemente, seppur un rovescio a due mani straripante compensi pienamente le mancanze dell’altro fondamentale, così come una prima di servizio rapida e “pesante garantisca molti punti diretti, anche se altrettanti doppi falli nelle giornate no. Chiunque conosca il tennista di Avignone non può rimanere indifferente nel descrivere la sua attitudine e le sue capacità puramente sportive, è controverso, istrionico, ma soprattutto è tutto o niente, praticamente mai una via di mezzo, e forse questo ha condizionato i risultati ottenuti nel corso del suo viaggio agonistico.

Benoît Paire è un talento che non verrà dimenticato, ma vi è il reale pericolo che venga etichettato per quello che “poteva essere ma non è stato“, evidenziando dunque le sue caratteristiche sublimi ed aggiungendo un grande “ma” al racconto dettagliato ed incantevole di esse. La verità, come spesso capita, sta nel mezzo. Il francese è un tennista concreto, proprio così, perchè realizza pragmaticamente i suoi intenti, sorprendere gli spettatori e se stesso, esibirsi ed offrire spettacolo in eventi che non promettono altro che intrattenimento, oltre che competizione. Benoît è prendere o lasciare, lo si può odiare o amare, ma la sua tendenza a proporre “di più” non può che rendere onore alla sua figura, prendendo in prestito un passo de “Lo spleen di Parigi” di Chares Baudelaire: “Per non essere schiavi martirizzati dal tempo, ubriacatevi, ubriacatevi sempre! Di vino, di poesia o di virtù, come vi Paire“.

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