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Come riuscire a coniugare sapientemente l’istruzione scolastica con lo sport praticato ad alti livelli agonistici? Il segreto è racchiuso nella dedizione, nella passione e nella professionalità che costituiscono i punti di forza dell’istituto omnicomprensivo “Ingeborg Bachmann” di Tarvisio, una struttura concepita nel cuore del Friuli, fucina di atleti impegnati negli sport invernali, per accompagnare e sostenere al meglio i ragazzi nel proprio percorso formativo.
Sportface.it, prendendo spunto dall’emendamento Vezzali scuola-sport, ha fatto un’interessante chiacchierata con Tiziana Candoni, responsabile tecnico del settore sportivo dell’istituto, che ci spiega gli obiettivi, il funzionamento e l’importanza di questa struttura, una realtà sempre più consolidata sul territorio, punto di riferimento ormai non soltanto di ragazzi italiani ma di giovani provenienti da tutto il mondo. Un centro di formazione che si autogestisce da anni con norme all’avanguardia e che si propone di educare nell’ambito scolastico all’amore per lo sport in una società, come quella italiana, in cui esso è considerata erroneamente una disciplina di serie B, un’attività sui cui non investire, un privilegio riservato a pochi e non, come dovrebbe essere, una ricchezza da condividere.
Quali sono gli obiettivi del suo istituto e come è strutturato per quanto riguarda il progetto degli sport invernali?
“L’obiettivo primario, come riporta anche il nostro slogan ‘Scuola e sport allenano la vita’ è coniugare l’istruzione e lo sport. Noi siamo riusciti a trasformare una scuola statale in un percorso adatto ai giovani che desiderano intraprendere una carriera sportiva ad alti livelli”.
Quali sono le agevolazioni che sono previste per questi studenti e quali i presupposti fondamentali per far convivere scuola e sport?
“Noi abbiamo creato un percorso scolastico finalizzato a risolvere le problematiche dei ragazzi inseriti in gruppi agonistici: questo rappresenta già un grande vantaggio perché il fatto di non aver assenze scolastiche e frequentare un liceo statale scientifico che si organizza a livello didattico attorno alle esigenze dei ragazzi è di fondamentale importanza”.
Come influirà eventualmente l’emendamento Vezzali sulla struttura del suo istituto e quali sono i prossimi passi da fare per migliorare ancora?
“Per noi questo passaggio è irrilevante perché già dal 2000 adottiamo questo sistema: a noi dunque non aggiunge nulla. E’ da 17 anni che svolgiamo l’attività in questo modo, riuscendo cioè ad intervenire sugli atleti di alto profilo con un valore aggiunto: il nostro progetto non è rivolto ad uno o due ragazzi. Noi abbiamo 120 ragazzi di cui una novantina impegnati a livello agonistico puro che vengono ovviamente assistiti e supportati da tutto il sistema-scuola attraverso l’istruzione, dei percorsi individuali, attraverso tutto un sistema che non preclude assenze scolastiche. Quindi siamo più avanti. Infatti ci fa un po’ sorridere quando vengono fuori queste norme ministeriali perché questi traguardi li abbiamo raggiunti già da parecchi anni. Si tratta dunque di una realtà già consolidata sul territorio e che non si rivolge ad uno o due ragazzi come previsto dall’emendamento Vezzali ma ad un’intera scuola, intere classi. L’emendamento è importante per determinate scuole nelle quali sono inseriti i ragazzi di alto profilo che hanno bisogno di essere supportati, ma questa è una scuola dove questi regolamenti sono stati siglati e studiati 17 anni fa proprio per andare a sostenere le attività agonistiche di intere classi, non solo di uno o due individui”.
Come è nata l’idea di dare vita a questo progetto ambizioso?
“E’ nata perché Tarvisio è luogo di tradizioni, in quanto abbiamo avuto dei personaggi importanti che sono arrivati all’Olimpiade, è dunque un territorio molto fertile sotto il profilo sportivo. La prima che mi viene in mente e una delle più importanti è Gabriella Paruzzi [ex fondista, campionessa olimpica e vincitrice della Coppa del Mondo generale] nata e cresciuta a Tarvisio, ha frequentato le scuole qui ed è arrivata a vincere l’Olimpiade crescendo nel nostro liceo, seppur non ancora Bachmann, seppur non ancora liceo sportivo. Ad un certo punto ci siamo resi conto che avevamo bisogno di creare una scuola adatta per i ragazzi di alto profilo al fine di accompagnarli nel loro percorso. Da questo progetto iniziale, la scuola si è estesa: non accoglie solo ragazzi del territorio ma ragazzi provenienti da tutta Italia, dall’Europa e anche dal mondo perché abbiamo avuto in passato anche ragazzi americani. Adesso abbiamo un ragazzo neozelandese, un ragazzo giapponese, polacchi, russi, svizzeri: siamo un po’ internazionali sotto questo profilo proprio perché riusciamo a conciliare in maniera eccellente il percorso di un liceo scientifico e quello sportivo di giovani atleti”.
Ci sono infatti molti atleti che nonostante siano impegnati in gare di rilievo internazionale riescono a conciliare perfettamente studio e sport. Secondo lei lo studio può anche portare a una maggiore consapevolezza delle proprie potenzialità e dare anche sicurezza in altri ambiti della vita?
“Assolutamente, infatti il nostro obiettivo primario è quello di creare dei grandi uomini e delle grandi donne dal punto di vista umano, dal punto di vista delle competenze e della formazione, poi tutto quello che viene di conseguenza è un valore aggiunto. I risultati sono ovviamente gratificanti sia per i ragazzi in primis che per le famiglie e per la scuola stessa ma formare l’individuo nella sua totalità è l’obiettivo più importante: si tratta di formare la persona in tutte le sue competenze accompagnando gli adolescenti dai 14 ai 18 anni, il periodo più difficile e bello della vita, quello in cui la formazione è fondamentale”.
C’è un insegnamento, un messaggio che vorrebbe dare ai suoi ragazzi?
“Con la costanza, il sacrificio, la passione, la motivazione, il rispetto, che sono i valori per cui lavoriamo sempre, si arriva sicuramente ad ottenere dei risultati nella vita e, che siano di studio o sportivi o di inserimento generale, danno un valore aggiunto a quello che è il percorso di vita di ognuno di noi”.
Come si potrebbe incrementare, secondo lei, la partecipazione agli sport invernali? Su cosa bisognerebbe investire maggiormente?
“Secondo me bisognerebbe cominciare da più piccoli perché ormai quando giungono da noi sono reduci da un percorso già fatto e difficilmente si riesce a pensare di formare ragazzi dai 14 anni in su che abbiano già acquisito delle competenze, la passione, la motivazione verso lo sport. Uno sport che è abbastanza particolare per i luoghi, per le temperature, per i percorsi, per tutta una serie di fattori. Sicuramente bisogna intervenire già sulle scuole dell’infanzia, sulle scuole primarie per far conoscere questo sport, per farlo amare ed indirizzare i bambini in questo percorso”.
C’è qualche miglioria che si potrebbe apportare anche a livello legislativo per sostenere questo progetto? Lei cosa farebbe in prima persona?
“Per quanto riguarda lo sport in Italia siamo abbastanza di basso profilo perché lo sport è un surplus, si trovano difficilmente delle scuole in cui, come accade da noi, esso è considerato una disciplina a tutti gli effetti, come scienze, matematica o qualsiasi altra materia esistente in una scuola. Solo il giorno in cui gradualmente anche qui lo sport riuscirà a diventare parte integrante del sistema, allora potremmo anche ambire a conseguire obiettivi maggiori, ma bisogna partire dal baso e, ad oggi, alla base c’è ben poca sostanza. Ultimamente hanno introdotto qualche ora in più di educazione fisica e scienze motorie nella scuola primaria ma è pur sempre troppo poco. Lo sport in genere nelle scuole è considerato quasi un favoritismo, un’attività che solo qualche studente privilegiato può svolgere e quindi dai miei colleghi in genere è ritenuto un fattore extrascolastico e di conseguenza visto quasi come un fastidio verso la scuola. Al contrario, come possiamo ben constatare noi tutti i giorni, i ragazzi che sono impegnati nello sport in maniera seria e costruttiva, sono anche dei bravi studenti: questa è ciò che mi preme sottolineare”.