Spesso, la storia degli sport invernali italiani ha vissuto di fiammate, di grandi generazioni di atleti che insieme hanno acceso la passione per un determinato sport. Nello sci, le coppie Thoeni – Gros negli anni ’70 o Tomba – Compagnoni nei ’90 sono gli esempi più clamorosi. Ma ci sono coppie di atleti italiani, anche meno conosciuti, che magari per una sola gara o anche per un intero decennio hanno fatto parlare di sé per grandi vittorie e non solo. Per prepararci all’inizio della stagione invernale, ripercorreremo alcune di queste storie, partendo forse da quella più incredibile, cioè il trionfo olimpico di Polig e Martin in Val d’Isere, nel 1992.
[the_ad id=”10725″]
Josef Polig, alto atesino, era, nei primi anni ’90, uno degli sciatori italiani più polivalenti: nel 1991 a fine stagione era nei primi 30 di 4 specialità su 5, mancava solo nella classifica di discesa libera. Non era però mai riuscito a entrare nei primi 5 di una singola gara, piazzandosi invece costantemente nelle retrovie. Grazie alle sue capacità sia nelle gare veloci che in quelle tecniche, riusciva però a ottenere buoni risultati in combinata con un paio di piazzamenti nei 10 e la nona posizione ai Mondiali di Vail. La stagione 1991-92 però aveva finalmente fatto vedere significativi miglioramenti, con un sesto posto nel super g proprio in quella Val d’Isere che poi avrebbe ospitato le Olimpiadi e finalmente con un piazzamento di rilievo in combinata: quinto a Kitzbuehel, nell’ultima gara prima dei giochi, dietro a quattro grandi campioni come Paul Accola, Marc Girardelli, Hubert Strolz e Stephan Eberharter. Con questo risultato alle spalle, preparò le valigie per la Francia, dove avrebbe partecipato alla combinata, al super g e allo slalom gigante.
Gianfranco Martin, genovese, aveva due anni in meno di Polig, e decisamente meno esperienza internazionale. Prima delle Olimpiadi, aveva disputato solo una decina di gare in coppa del mondo: specialista delle discipline veloci, era riuscito ad andare a punti in discesa e super g, ma in combinata aveva ottenuto i risultati migliori, 11° a Garmisch Partenkirchen e 13° a Wengen. A metà della sua prima stagione di coppa del mondo, riuscì quindi a qualificarsi per le Olimpiadi sia in combinata che nelle due discipline veloci.
Tra i due, fu proprio Martin a esordire sulle piste di Val d’Isere, in discesa libera. Vinse l’austriaco Patrick Ortlieb, e il ligure raccolse un buon 14° posto, il suo miglior risultato di sempre nella specialità. Martin dimostrò un buon feeling con quella pista, che il giorno dopo, il 10 febbraio, avrebbe ospitato la prima parte della combinata.
Dobbiamo premettere che la combinata dello sci alpino in quegli anni era diversa da quella di oggi. Il risultato finale non era infatti la semplice somma dei tempi, ma un più complesso algoritmo dato dai distacchi, che teoricamente doveva equilibrare la gara, ma che in realtà spesso rendeva la classifica quasi incomprensibile da decifrare in diretta (si vedano gli impacciati tentativi nella telecronaca del tempo di Bruno Gattai, che pure è stato memoria probabilmente il miglior cronista di sci alpino della tv italiana). Anche per questo motivo la combinata, già oggi considerata una disciplina per alcuni versi minore rispetto alle quattro principali, ai tempi era snobbata da alcuni big, anche se si rivelò decisiva per l’assegnazione di alcune coppe del mondo (come proprio quella del 1992, vinta da Paul Accola davanti ad Alberto Tomba grazie anche ai tre successi in combinata).
Sta di fatto che il 10 febbraio si disputò la discesa libera, prima parte della combinata. Dopi vari rinvii per scarsa visibilità, si partì alle 15, con due dei grandi favoriti, Marc Girardelli e Gunther Mader, costretti subito al ritiro per una caduta. Al primo posto si piazzò il supergigantista Jan Einar Thorsen, già ai piedi del podio nella discesa per l’oro del giorno prima. Al secondo, a sorpresa, il nostro Gianfranco Martin, a 51 centesimi. Poi un altro italiano, Franco Colturi, e lo svizzero Xavier Gigandet. Si trattava di quattro specialisti delle prove veloci, e così il grande favorito sembrava Paul Accola, quinto a 76 centesimi. Subito dietro, al sesto posto, Josef Polig. L’altro italiano, Christian Ghedina, che puntava tutto su questa prima gara dopo l’argento ai mondiali dell’anno prima, deluse chiudendo al 15° posto. A questo punto, per Polig si poteva ipotizzare una lotta per la medaglia, considerando che gli altri specialisti dello slalom avevano accusato distacchi importanti: Steve Locher era a 1”56, Furuseth a 3”97, Kimura addirittura a 6”01.
Il giorno dopo fu la volta delle due manche di slalom. Nella prima commisero grossi errori sia Thorsen che soprattutto Accola, che persero secondi decisivi e si tirarono fuori dalla lotta per il podio. Vinse la manche l’austriaco Hubert Strolz, campione olimpico in carica e a quel punto sicuramente favorito per la vittoria finale. Dietro di lui tre atleti che avevano perso troppo tempo in discesa come Popov, Kimura e Ishioka e poi altri tre ancora in lotta per le medaglie: il francese Jean Luc Cretier e l’italiano Martin, entrambi andati fortissimo in una specialità che solitamente non li vedeva protagonisti, e lo svizzero Locher. Deludente ancora Furuseth, a 2”49 da Strolz, e Polig, che prese 3”19 dall’austriaco e oltre un secondo da Martin, finendo al quinto posto della classifica provvisoria. Si partì così per la seconda manche, meno angolata e quindi più gestibile anche dai discesisti: il miglior tempo assoluto fu finalmente quello di Furuseth, che rimontò fino al settimo posto finale. Ma nel complesso fecero meglio di lui due discesisti che azzeccarono un ottimo slalom, come Ghedina (6°) e Wasmeier (5°). Il quintultimo a partire fu Polig che, su una pista ormai rovinatissima, riuscì a far segnare uno straordinario secondo tempo di manche, portandosi al comando. C’erano però ancora quattro atleti al cancelletto di partenza. Il francese Cretier prese quasi due secondi da Polig e si inserì al secondo posto, subito superato da Locher, anche lui dietro al nostro atleta: una medaglia era sicura prima della partenza di Martin. I due italiani arrivano vicinissimi: 32 centesimi di punti, cioè circa 7 centesimi di secondo, con Polig che rimase al primo posto. Era già grande festa azzurra, perché alla partenza di Strolz due medaglie erano assicurate. L’austriaco a cinque porte dalla fine sembrava sicuro del bis olimpico, ma un errore lo mandò fuori dalla pista. “E’ fuori” urlò Bruno Gattai in telecronaca, e la classifica finale fu così scritta: primo Josef Polig, secondo Gianfranco Martin. I due italiani, mai saliti sul podio in coppa del mondo, erano incredibilmente davanti a tutti.
Si trattò senza dubbio delle medaglie più incredibili della storia dello sci alpino azzurro, considerando anche come continuò la carriera dei due sciatori.
Josef Polig cinque giorni dopo sfiorò addirittura un’altra medaglia, finendo quinto in super g, a soli cinque centesimi dal bronzo, e ottenne anche un ottimo nono posto in gigante. Chiuse la coppa del mondo al 23° posto, ma dopo quella stagione non riuscì più a ottenere grandi risultati: l’anno successivo colse un quinto posto a Kvittfjel e l’anno ancora dopo un nono a Lech: furono gli unici altri risultati nei 10. Gareggiò in coppa del mondo fino al 1995 e si ritirò l’anno successivo, a soli 28 anni, dopo alcune gare professionistiche in nord America. Lui, che era soprannominato Joe Speck per l’attività di famiglia, lavorò prima proprio nel campo alimentare, e poi aprì un negozio di articoli sportivi. Purtroppo negli ultimi anni si sono avute sue notizie solo per una seria crisi depressiva, anche se il suo desiderio sarebbe ancora quello di tornare a fare il maestro di sci.
Anche Gianfranco Martin in Francia corse il super g, chiudendo con un buon 12° posto, ma non entrò più nei 15 in coppa del mondo: il suo miglior risultato fu un 16° posto in discesa a Bormio nel 1993. Corse in coppa fino al 1994, ritirandosi l’anno successivo a soli 25 anni. Iniziò però una proficua carriera all’interno della federazione, prima come maestro di sci, poi come consigliere e direttore di gara. Oggi è membro del consiglio federale della FISI, e si occupa in particolare di diffondere le discipline alpine tra i disabili.
ALBERTVILLE 1992 COMBINATA POLIG ORO MARTIN… di archeosport