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Pensate ai risultati strabilianti di Matteo Rizzo nel maschile, delle Hot Shivers nel sincronizzato e della coppia di artistico Marchei – Hotarek, gli “eroi” di Pyeongchang che hanno fatto innamorare il mondo del pattinaggio italiano. Ma pensate anche alla crescita esponenziale e costante della coppia spagnola Maestu-Barquero e di quella italiana Ghilardi-Ambrosini, alle Ladies Micol Cristini e Roberta Rodeghiero, al kazako Abzal Rakimgalijev e a tutti gli altri giovani talenti che stanno crescendo in casa IceLab, nel triangolo lombardo compreso tra Bergamo, Assago e Sesto San Giovanni.
Sono tutti atleti che stanno raccogliendo i frutti di un lavoro svolto con dedizione e passione, al fianco di allenatori e coreografi seri e preparati, ma che hanno in comune un’altra figura emblematica: il preparatore atletico. E’ a lui che spetta la cura della condizione fisica dei singoli atleti, cercando di costruire un percorso che li porti preparati a dovere agli appuntamenti più importanti, completando il compito dell’allenatore che invece si occupa di gestire l’atleta in toto. Lo sa bene Lorenzo Marchei, milanese classe 1991, in tasca una laurea in Scienze Motorie e specializzazione in preparazione atletica con una tesi sperimentale sul pattinaggio artistico.
Un nome, quello dei Marchei, che è sinonimo di sport e passione. Papà Marco ha legato indissolubilmente il suo all’atletica leggera, la plurimedagliata sorella Valentina non ha bisogno di presentazioni. E per lui fare dello sport un lavoro è stato, praticamente, inevitabile. “Mio padre ha partecipato a due Olimpiadi – racconta Lorenzo – e mia sorella ha indubbiamente ereditato la sua grinta e l’ambizione di fare risultati d’eccellenza. Per me è stato scontato praticare uno sport. Ho giocato a calcio, poi sono passato all’atletica per sette anni, poi ancora calcio. In questi anni ho cominciato ad accarezzare l’idea di fare l’allenatore, così mi sono iscritto alla facoltà di Scienze Motorie all’Università degli Studi di Milano. Nel frattempo – spiega – ho conseguito i patentini come tecnico di pallavolo e di calcio, seguendo alcune squadre giovanili. Dopo la laurea triennale, ho voluto specializzarmi con la Magistrale in preparazione atletica e mi è stato richiesto un tirocinio che, vista l’attività di mia sorella Valentina, ho fatto nel pattinaggio. Io che avevo la testa nell’atletica, nel calcio, o al massimo nella pallavolo e nel basket, alla fine mi sono ritrovato sul ghiaccio”.
La collaborazione tra l’allenatore e il preparatore atletico per Lorenzo è “il segreto per la gestione ottimale di un atleta” e, se si parla delle emozioni e delle soddisfazioni che i suoi sono riusciti a dargli, subito si entusiasma: “Ognuno a modo suo mi ha consentito di arricchire il mio bagaglio di conoscenza, vivendo situazioni ed esperienze differenti. Tutti sono arrivati in forma perfetta agli appuntamenti che contavano, il che vuol dire la massima soddisfazione per un preparatore atletico. Non c’è un segreto – aggiunge – per “creare” campioni, basta lavorare in due semplici direzioni: progettualità e collaborazione. Investire seriamente, cioè, sul settore giovanile, creandolo e non subendolo, e lavorare di squadra in maniera seria e convinta; se coloro che seguono un atleta danno il meglio in collaborazione con i loro “colleghi”, ognuno nel rispetto del proprio ruolo, i risultati non possono non arrivare”.
Al “Marchei Brother”, come è stato simpaticamente ribattezzato Lorenzo, qualche giorno fa, tramite i social, papà Marco ha riservato una suggestiva dedica. “Ha organizzato sapientemente il lavoro fuori dal ghiaccio (e non solo) di Vale e Ondra con il piglio del veterano. Nel suo bagaglio anni di pratica di diversi sport e nel suo approccio al pattinaggio la volontà di portare novità, vivacità, sperimentazione. I suoi circuit training, ripresi e postati a turno da Ondrej e Valentina, sono diventati un must, copiati e adottati anche all’estero. Bravo, Lorenzo, anzi bravissimo! Per te parlano anche i risultati di Matteo Rizzo, un giovane talento che ti ha dato fiducia e che, alla luce degli ottimi risultati conseguiti nell’anno, non perde occasione per esserti riconoscente. Come pure la coppia spagnola Laura Barquero/Aritz Maestu. E se ho impiegato così tanto a elogiarti pubblicamente è perché mi rendo conto di quanto sia misconosciuto e volutamente sottovalutato il lavoro (e il ruolo) del preparatore atletico. Che invece è quasi sempre la base sulla quale altri bravi professionisti s’inseriscono per perfezionare la figura dell’atleta e i suoi risultati”.
Parole che Lorenzo non si aspettava e che, rivela, “mi hanno riempito di orgoglio. Mi sento fortunato – continua – ad avere al mio fianco una guida come lui che è un uomo di sport a 360 gradi, un punto di riferimento non solo per la nostra famiglia, ma anche per una moltitudine di altri sportivi, soprattutto del mondo della corsa. Papà interviene poche volte sui social, ma devo dire che non lo fa mai a sproposito”.
E allora cerchiamo di conoscerlo meglio, Lorenzo, a cominciare proprio dal legame con Valentina. “Io e Vale – afferma – abbiamo sempre avuto un bellissimo rapporto, che si è rafforzato da quando lavoriamo insieme. Anche quando non siamo vicini, ci teniamo sempre in contatto. La più stacanovista dei due è sicuramente lei, a tratti è inarrestabile! In realtà è un po’ il nostro approccio con il lavoro a farci sembrare stacanovisti: la voglia di far sempre bene, di non deludere e di non cedere mai ogni tanto diventano una piccola maledizione. Fuori dalle piste parliamo inevitabilmente anche di pattinaggio, certo. Ma senza esagerare. Fortunatamente abbiamo anche altri interessi!”.
Stai portando un bagaglio di innovazioni e sperimentazioni nel mondo del pattinaggio. In che modo? Qual è la tua “impronta”?
“Semplicemente applicando ciò che ho imparato durante il mio percorso universitario, unitamente al mio vissuto da atleta, seppur non di vertice, e alle esperienze dirette che ho fatto come tecnico nei diversi sport che ho seguito. L’università, soprattutto grazie al prof. Antonio Latorre, mi ha indicato l’approccio scientifico che mi ha aiutato ad “aprire una strada” nella disciplina del pattinaggio su ghiaccio. Ho capito che non esiste un solo modo di lavorare ma ce ne sono infiniti, con spunti che possono essere presi da qualsiasi sport. I circuit training, ad esempio, sono veri e propri circuiti caratterizzati da esercizi che possono anche essere specifici, di diversa natura, e che si alternano tra di loro. Sono l’esempio di quanto dicevo: con la mente aperta si possono trovare mille soluzioni per mille diversi atleti”.
Immagino che dedichi davvero molte ore, quotidianamente, al lavoro e allo sport. Mi racconti una tua giornata tipo?
“Al mattino lavoro in palestra o a casa, il pomeriggio lo passo nelle palestre di Icelab tra grandi e piccoli, alla sera invece mi sposto al Palasesto di Sesto San Giovanni dove trovo le Hot Shivers, e infine torno a Bergamo. Nel tempo libero, se non sono con la mia famiglia o con la fidanzata, faccio arti marziali (pratico il jeet kune doo) oppure guardo le competizioni di altri sport, dall’atletica al calcio, dalla Formula 1 alla MotoGP, dal tennis allo sci, perché, oltre a divertire, lasciano sempre qualcosa da imparare”.
Il mondo del pattinaggio è chiaramente in trasformazione. Secondo te come evolverà?
“Negli ultimi dieci anni l’approccio scientifico nello sport ha permesso una crescita impressionante, soprattutto nelle discipline in cui la componente tecnica gioca un ruolo di primaria importanza, come il pattinaggio. La crescita tecnica generale prevede, dunque, che solo con tanto lavoro e tanta attenzione, anche ai piccoli particolari, un pattinatore possa diventare competitivo in campo nazionale ed internazionale”.
Progetti e ambizioni. Cosa sogna di fare “da grande” Lorenzo Marchei? E con chi gli piacerebbe lavorare?
“Ho scelto di fare l’allenatore e tutte le mie energie sono indirizzate nell’ampliare il mio bagaglio di conoscenze e di esperienze, così da crescere sempre più professionalmente. Come punto di riferimento ho una frase che mio padre mi ricorda sempre: chi più sa più vale. Con chi mi piacerebbe lavorare? Possibilmente non da solo, ma con i migliori: tecnici, medici, fisioterapisti, dirigenti. Il lavoro di squadra paga sempre, e paga ancor di più se il livello della squadra è alto”.