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INTERVISTA ESCLUSIVA – Valter Rizzo si racconta: “Matteo? Il mio orgoglio”

Valter Rizzo - Foto Sportface

Energia, simpatia, passione. In una parola: Valter Rizzo. L’allenatore di casa IceLab, classe 1962, è nativo di Monza e vive a Sesto San Giovanni. E’ una di quelle persone che, in gergo, si è fatta da sé, scommettendo tutto su ciò che amava, quei pattini indossati per la prima volta quando aveva 10 anni, lavorando duro senza temere i sacrifici, la sveglia prima dell’alba e gli allenamenti spossanti sotto la pioggia. Lo abbiamo visto danzare al fianco della moglie Brunilde Bianchi, poi appendere le lame al chiodo e abbracciare, sempre al fianco della compagna di vita, la carriera di coach.

Allenatore, marito, papà. Due figli, di cui uno che sta facendo sognare l’Italia intera: il campione nazionale, bronzo ai mondiali junior, Matteo Rizzo. Nella sua esperienza ormai quasi trentennale di allenatore ha formato atleti di altissimo livello, prendendoli per mano e portandoli fino ai Giochi Olimpici, e ha collaborato con allenatori di tutto il mondo: Natalia Bestemianova e Andrej Bukin, Nikolai Morozov, Joan Slater, Muriel Boucher – Zazoui, Giuseppe Arena.

Nei 12 anni al fianco di Morozov ha preparato Adam Rippon, Javier Fernandez, Daisuke Takahashi, Miki Ando e Valentina Marchei, e coppie di danza rappresentanti molte Nazioni, tra cui la medaglia di Bronzo alle Olimpiadi di Torino 2006 Grunshina – Goncharov. Non solo allenatore, ma preparatore completo: è, infatti anche coreografo ( qualcuno lo ricorda nelle 3 edizioni dello show televisivo targato RAI “Notti sul Ghiaccio”) e braccio destro della direttrice tecnica di IceLab, coach Franca Bianconi. Conosciamolo un po’ meglio…

La passione per i pattini: ereditata o nasce con lei?
“Ho cominciato a pattinare a 10 anni nella pista storica di Sesto, il Fiorani, una pista di ridotte dimensioni ma cha ha saputo sfornare numerosi pattinatori che poi sono diventati allenatori, vedi Camerlengo. Sono stato il primo della mia famiglia a mettere i pattini, è stato un amore a prima vista. Per i miei genitori è stato un grande sacrificio farmi pattinare, facevano gli operai e gli stipendi erano quello che erano, ma oltre a quella di avere loro accanto, ho avuto anche la fortuna di incontrare nella mia carriera allenatori che hanno sempre cercato di venirmi incontro sulla questione finanziaria, e vorrei cogliere l’occasione per ringraziarne due per tutti: Paola Mezzadri e Joan Slater”.

Gli inizi come danzatore e le gare al fianco della moglie Brunilde Bianchi: ricordi e aneddoti…
“Ho cominciato a gareggiare con Brunilde a 20 anni, abbiamo fatto subito la categoria senior. Pattinavamo 4 volte la settimana, due delle quali in una pista all’aperto, con qualsiasi condizione climatica, e mi alzavo alle 5 del mattino sei giorni su sette per andare a lavorare. Abbiamo fatto del nostro meglio, nel biennio ‘84-’85 siamo riusciti ad arrivare agli Europei, e rifarei tutto. Mi ricordo di allenamenti all’aperto con la nostra allenatrice con l’ombrello per ripararsi dalla pioggia, e noi fradici a cercare di dare un’anima ai programmi”.

La chiusura della carriera agonistica e l’inizio di quella da allenatore: quando e come è avvenuto il passaggio?
“Era il 1985. All’inizio non avevamo pensato ad una carriera da allenatori, l’occasione è stato il palaghiaccio di Mentana. Ci ha contattato il Direttore della pista e ci ha proposto di creare una scuola di danza. Certo, arrivavamo in un posto che non aveva nessun tipo di tradizione di ghiaccio, ma avevamo carta bianca. Ho dovuto imparare ad affilare i pattini, a montare le lame, a fare la manutenzione alle macchine, insomma un po’ di tutto, ma mi serviva per far pattinare bene i ragazzi per cui andava fatto”.

Da allora una sequela infinita di campioni e atleti: quali le vittorie che più le sono rimaste nel cuore?
“La Finale di Losanna del Grand Prix Junior della stagione ’97-‘98, dove abbiamo messo due coppie sul podio (ndr: Federica Faiella / Luciano Milo e Massimo Scali / Flavia Ottaviani), è stata fantastica: la prima edizione della Finale dominata dagli Italiani, un grande orgoglio”.

Ogni allenatore lascia un pezzettino di sé nei propri pattinatori: lei cosa spera di trasmettere, cosa vorrebbe che portassero di lei nel loro cammino?
“Ci sono tre cose che un grande Campione deve sempre tenere a mente: la prima è il rispetto per gli avversari, capire cosa ha in più e cercare di colmare questo gap; la seconda è che deve amare questo sport più di ogni altra cosa, e chiedersi quanto è disposto ad investire di se stesso e della propria vita per esso. Infine, la terza: senza lavoro non arriva nulla di importante. Queste sono le cose che cerco di trasmettere ai miei atleti”.

Un commento sull’impegnativa, ma esaltante, stagione alle spalle? E il momento più emozionante qual è stato?
“Sicuramente il raggiungimento della qualifica Olimpica per Matteo. Ricordo che con Franca (ndr: Bianconi) guardavamo la lista degli iscritti ed erano tutti forti: è stata dura, ma alla fine è andata. Adesso stiamo lavorando per la prossima stagione, Massimo Scali sta dando forma ai due nuovi programmi. Vedremo come andrà, la concorrenza è sempre agguerrita”.

Con Franca Bianconi siete una coppia vincente, i vostri abbracci e i vostri sorrisi sono il termometro di ogni gara. Qual è il “segreto” del vostro successo?
“Abbiamo tutti e due molta esperienza, ci compensiamo per tenere l’atleta concentrato sull’obiettivo, sappiamo molto bene come dosare le parole, chi deve parlare e cosa deve dire nei vari momenti della gara. Abbiamo passato momenti difficili da gestire, vedi il Mondiale Junior di Taipei dove Matteo ha cambiato un pattino il giorno prima della gara. Io stavo per dare i numeri, ma Franca ha gestito benissimo la cosa. Questo, secondo me, è il nostro punto di forza”.

L’exploit di Matteo: se lo immaginava? Fin dove può arrivare questo ragazzo, adesso che sta inserendo anche i quadrupli?
“Abbiamo lavorato tutta l’estate proprio con il sogno di fare la stagione che poi abbiamo avuto. Dove può arrivare? Speriamo lontano, per il momento lavoriamo a testa bassa”.

Un commento da papà a questi risultati straordinari, e un augurio per Matteo…
“Sono orgogliosissimo di quello che ha fatto, voglio solo che tenga a mente quello che da allenatore ho cercare di insegnargli. Per il resto è stato un grande, alle Olimpiadi se avessero monitorato i battiti miei e di Franca ci avrebbero ricoverato per rischio infarto, ma Matteo ha gestito tutto benissimo: la sua testa in gara è decisamente uno dei suoi punti di forza”.

Valter oltre il ghiaccio. Cosa ama fare quando non è impegnato in pista?
“E quando mai non sono impegnato in pista? Scherzi a parte, mi piace andare in mountain bike, e mi piace anche tanto, semplicemente…non fare niente!”.

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