Amarcord

Melbourne 1956: un’Olimpiade agli antipodi

Melbourne 1956 - la fiamma olimpica

I XV Giochi Olimpici si tennero a Melbourne, in Australia. La decisione di disputare l’Olimpiade nell’emisfero australe, presa a Roma durante la sessione CIO del 1949, suscitò notevoli perplessità. Vi furono numerose candidature (ben tredici) fra cui quella di Buenos Aires, caldeggiata dagli esponenti latini del CIO, mentre Melbourne, dal canto suo, poteva contare sul sostegno dell’Europa del Nord. Nella votazione finale fu decisivo uno e un solo voto. Per fare un po’ d’ordine, poi, si decise nello stesso CIO del 1949 che da quel momento in poi ciascun paese avrebbe potuto presentare una sola candidata “ufficiale” nel caso di più richieste da diverse città.

La prima, storica, incursione a sud dell’equatore non nasceva , però, sotto le migliori prospettive. Ancora una volta, infatti, erano le numerose vicende politiche a tener banco. L’invasione dei carri armati russi a Budapest pochi giorni prima dell’apertura dei Giochi, in seguito al processo di destalinizzazione del paese, portò molti stati a protestare per l’ammissione dell’URSS e a boicottare la manifestazione; la questione “Canale di Suez”, nazionalizzato per mano dell’egiziano Nasser, portò Iraq e Libano a chiamarsi fuori dai Giochi a seguito dell’invasione franco-britannica nella terra di Cheope; infine Mao, che dopo aver saputo della presenza della Cina nazionalista rappresentata da Taiwan, ritirò in un amen la “sua” Cina popolare.

A questi problemi se ne aggiungevano altri di carattere pratico. Una particolare legge australiana, ad esempio, vietando l’importazione di animali senza un lungo periodo di quarantena, costrinse gli organizzatori a spostare a Stoccolma le prove di equitazione. Queste si svolsero nel mese di giugno, cinque mesi prima dello strano periodo stabilito per il resto delle gare (ottobre-novembre) a causa delle stagioni “rovesciate” nei due emisferi.

I Giochi Olimpici di Melbourne furono i primi ad essere celebrati sotto la presidenza dell’americano Avery Brundage, grande sostenitore di de Coubertin e del suo spirito olimpico, che dopo peripezie di ogni genere riuscì a mettere insieme le due Germanie, presenti in Australia sotto un’unica bandiera.

La preparazione dell’evento fu molto complessa. Le discussioni sulla necessità o meno di costruire nuovi impianti e un villaggio olimpico furono infinite, creando una situazione che si sarebbe riproposta quasi mezzo secolo più tardi per i Giochi di Sidney 2000. Fondamentale fu l’accordo fra la città di Melbourne e lo Stato di Victoria, che decisero di spartirsi gli oneri dell’impresa: il Melbourne Cricket Ground fu modificato per creare lo stadio olimpico, vennero costruiti un nuovo velodromo e una nuova piscina e il villaggio olimpico fu ospitato con successo in quartiere già destinato alle abitazioni popolari.

Nonostante tutto e tutti, il 22 novembre 1956 il giovanissimo Ron Clarke (che in futuro diverrà una leggenda delle prove di resistenza) accendeva la fiamma che dava inizio alla manifestazione, la prima trasmessa in televisione.

Vi presero parte 3342 atleti (di cui 384 donne) di 72 paesi. Per Kenya, Etiopia, Isole Figi, Liberia, Uganda, Malesia e Borneo settentrionale fu la prima partecipazione. Il programma delle gare fu uguale a quello di Helsinki di quattro anni prima, eccezion fatta per l’aggiunta in atletica della prova di marcia sui 20 km e, nel nuoto, dei 200 m farfalla.

Come era facile immaginare, le tensioni politiche ebbero forti ripercussioni sulle gare. La semifinale di pallanuoto fra URSS ed Ungheria (vinta dai magiari, cha andranno poi a vincere l’oro) fu una rissa continua, anche dopo la fine del match. Ben più triste la vicenda della ginnasta ungherese Agnes Keleti (oro nel corpo libero, alle parallele e alla trave), raggiunta durante le gare dalla triste notizia della morte della madre negli scontri tra il popolo ungherese e l’esercito sovietico, intorno alla quale si strinse tutto il pubblico australiano. Fortunatamente, però, ci fu spazio anche per una splendida storia d’amore, quella fra l’americano Harald O’Connor (oro nel lancio del martello) e la cecoslovacca Olga Fitokova (oro nel lancio del disco), così forte da sconfiggere anche il rischio di uno scontato incidente diplomatico.

La spedizione americana confermò il numero di medaglie complessivo (74), solo due in meno di Helsinki, ma soprattutto perse la leadership a favore dell’Unione Sovietica (98), sempre più decisa ad affermare la propria forza nello sport. Nella ginnastica riuscì a ripetersi Vikytor Chukarin (tre ori), ma soprattutto si mostrò agli occhi del mondo una ragazza dalla spaventosa longevità, Larissa Latynina. La ginnasta russa salì sei volte sul podio, riuscendo a ripetersi sia a Roma che a Tokyo, conquistando il primo posto nella storia dei campioni più medagliati di sempre con 18 allori. Anche nel torneo di calcio l’oro prese la strada di Mosca, protetto dalle mani giganti del “ragno nero” Lev Jascin, futuro Pallone d’Oro.

Nella maratona ci fu la prima volta per il francese Alain Mimoun (un combattente della seconda guerra mondiale), eterno secondo della leggenda Emil Zapotek, che a Melbourne vinse in scioltezza davanti allo jugoslavo Mihalic.

Restò negli annali anche la straordinaria performance del discobolo americano Al Oerter, che in Australia infilò la prima di quattro medaglie d’oro consecutive nella stessa specialità, impresa che un po’ di anni più tardi riuscirà solo ad un certo Carl Lewis.

Le competizioni di basket furono ancora una volta dominate dagli Stati Uniti (che vinsero tutte le loro partite con almeno 30 punti di vantaggio), guidati dai fuoriclasse Bill Russell e Kenneth Jones, future stelle NBA nei Boston Celtics.

I padroni di casa, a sorpresa terzi nel medagliere, furono una lieta ventata di freschezza. Emerse, su tutti, la giovanissima (e burrascosa) nuotatrice Dawn Frazer, oro nei 100 stile libero e argento nei 400. Il nuoto fu terra di conquista per l’Australia, che nei 100 stile libero monopolizzò il podio (sia uomini che donne), vinse le staffette e segnò diversi nuovi primati mondiali. Soddisfazioni giunsero anche dall’atletica, dove si imposero Betty Cuthbert (tripletta oro nei 100 e 200 m e nella staffetta) e Strickland de la Hunty negli 80 m a ostacoli.

La compagine azzurra si confermò straordinaria interprete di scherma e ciclismo. Tripletta nella spada individuale (Pavesi, Delfino e il sempiterno Mangiarotti), oltre all’oro nella gara a squadre; nel fioretto individuale argento per Bergamini (sconfitto solo dal talentuoso francese D’Oriola) e bronzo per Spallino, e ancora oro nella gara a squadre; nella sciabola, invece, si ebbe la conferma della scuola ungherese, con il primo oro (ne collezionerà sei in carriera) di Rudolf Karpati. Su pista, invece, si fece notare il veneto Leandro Faggin (oro nel km da fermo e nell’inseguimento a squadre insieme a Gasparella, Domenicali e Gandini). A medaglia anche Pesenti (argento nella prova di velocità) e la coppia Pinarello – Ogna (bronzo nel tandem). Memorabile anche il trionfo nella gara su strada del romagnolo Ercole Baldini, che mise oltre due minuti fra sé e il gruppo. Arrivò un oro, il primo, anche nel tiro al volo, per mano di Galliano Rossigni. Con la spedizione tricolore partì anche il nuotatore napoletano Carlo Pedersoli, noto ai più con lo pseudonimo di… Bud Spencer!

SportFace