Amarcord

Londra 1948: la storia della XIV Olimpiade

Fanny Blankers-Koen

La seconda guerra mondiale aveva lasciato segni indelebili anche nel mondo dello sport. L’edizione dei Giochi del 1940, già assegnata a Tokyo venne cancellata e quella del 1944 nemmeno organizzata. Al termine della grande guerra, il Cio, orfano del suo fondatore, il barone Pierre De Coubertin, riprova a far partire la macchina organizzativa per l’Olimpiade tra mille dubbi e problemi di ogni genere. Prima fra tutte la lacerazione interna al Comitato Olimpico, che non era in grado di trovare un proprio leader. Alla morte di De Coubertin, fu nominato al vertice del Cio Henry De Baillet Latour, che però morì poco dopo la sua nomina. La guida del Comitato Olimpico venne allora presa pro tempore dal presidente della IAAF, lo svedese Sigfrid Edstroem, al quale venne assegnato il compito di presiedere la riunione che aveva il compito di assegnare i Giochi della XIV Olimpiade.

L’Europa era devastata e nessun paese sembrava in grado di poter assumersi l’onere dell’organizzazione dei Giochi, ma a sorpresa, si fece avanti l’Inghilterra, già intervenuta nel 1908, dopo la rinuncia di Roma. In tempi brevissimi iniziò a lavorare la macchina organizzativa per una edizione dei Giochi che si sarebbe preannunciata all’insegna del risparmio e del poco sfarzo, in netta opposizione con l’edizione di Berlino 1936. Fra l’altro molti dei più forti atleti dell’epoca erano morti in guerra o comunque avevano ricevuto menomazioni costringendoli all’abbandono delle competizioni.

Il Cio decise di non ammettere ai Giochi Olimpici Germania e Giappone, le nazioni responsabili dello scoppio della seconda guerra mondiale. L’Italia venne ammessa in extremis, dopo ampia discussione all’interno del Comitato Olimpico, grazie anche all’impegno in prima persona di Winston Churchill, che riconobbe l’importanza della lotta partigiana. Unione Sovietica, Romania e Bulgaria non parteciparono volontariamente, mentre partecipa la Cina con un piccolo, ma simbolico gruppo di atleti. Non si iscrisse nemmeno il neonato stato di Israele.

Nonostante le defezione alla fine le nazioni partecipanti furono 59, dieci in più di quelle partecipanti all’edizione di Berlino 1936. Anche gli atleti in gara furono molti più del previsto, oltre 4000, di cui però solo il 10% donne.

Fu proprio però una donna la grande protagonista di questa edizione dei Giochi. La campionessa è una mamma olandese di 30 anni, Francine Elsie Koen, detta “Fanny” che, dopo il matrimonio prese anche il cognome del marito Jan Blankers, suo allenatore, gareggiando quindi come Blakers-Koen. Fanny era una velocista in grado di correre sia le gare piane che quelle ad ostacoli e primeggiava anche nelle discipline del salto in alto e salto in lungo. Era nettamente la più veloce atleta dell’epoca e deteneva i record mondiali di ben otto discipline. Non aveva ancora vinto quasi nulla di ufficiale per l’interruzione delle attività sportive a causa della guerra.

Nell’imminenza dei Giochi le incombenze da madre di due bambini piccoli, non le permettevano di prepararsi al meglio, ma tale era la sua supremazia che si presentò a Londra 1948 con il ruolo di favorita. Ricevette anche molte critiche per il fatto che una madre potesse partecipare a competizioni sportive invece di stare accanto ai figli, cosa che peraltro Fanny faceva regolarmente, portandosi dietro i propri bimbi quando gareggiava. Storico il fatto che agli Europei di Oslo del 1946, tra una gara e l’altra, la vide allattare la figlia neonata.

L’organizzazione e la sovrapposizione delle competizioni la costrinsero a fare una scelta e a puntare solo sulle gare di corsa, lasciando perdere i salti. Si presentò al via quindi nei 100 e 200 piani, negli 80 ostacoli e nella staffetta 4X100. Dominò letteralmente tutte le gare individuali, infliggendo distacchi pesantissimi a tutte le avversarie. Nella staffetta, non supportata da compagne all’altezze, partì con un ritardo notevolissimo nell’ultima frazione, ma riuscì a portare la propria squadra alla vittoria rimontando tutte le altre atlete.

Nelle altre gare di atletica, grande rilievo ebbe la maratona, dove si arrivò a sfiorare la stessa tragedia di 40 anni prima, quando Dorando Pietri cadde sfinito poco prima dell’arrivo, fu aiutato a rialzarsi dai giudici e alla fine venne squalificato per l’aiuto ricevuto. Nell’edizione del 1948, fu il belga Gailly e entrare per primo nello stadio e anche lui, come Pietri, inizio a barcollare, cadde e si rialzò da solo, da dietro arrivarono l’argentino Cabrera e l’inglese Richards che lo superarono, ma Gailly riuscì comunque a conquistare la medaglia di bronzo. Fra l’altro per alcuni giorni ricevette tutti gli onori del caso un impostore italiano che si era spacciato proprio per Dorando Pietri, che invece era morto nel 1942. Alla fine un dirigente italiano lo smascherò e fu imprigionato.

Da ricordare anche l’esordio ai Giochi di uno dei più grandi atleti della storia olimpica, il cecoslovacco Emil Zatopek, fondista, che andrà a dominare tutte le gare per il decennio successivo. A Londra il giovane Zatopek vinse i 10.000 metri dominando la gara e arrivò secondo nei 5.000 metri. Altro atleta straordinario, nato sportivamente a Londra 1948, fu sicuramente il decatleta Robert Mathias, detto Bob, un giovanissimo californiano di 17 anni, capace di vincere nella disciplina più dura dell’atletica, il decathlon, iniziata a praticare solo quattro mesi prima. Mathias ha tuttora il record di essere l’atleta più giovane ad aver vinto l’oro olimpico nella storia dell’atletica maschile.

L’Italia, pur partecipando in modo abbastanza disorganizzato e senza grandi pretese, fece una buona figura complessiva. Alla fine riuscì a portare a casa ben 27 medaglie, 8 ori, 11 argenti e 8 bronzi, finendo al quinto posto del medagliere, dominato dagli Stati Uniti e superando ad esempio i padroni di casa della Gran Bretagna che si fermarono a 23 medaglie di cui solamente 3 d’oro (record negativo per il paese ospitante battuto solo da Messico e Canada nel 1968 e nel 1976).

La storia più importante per i nostri colori dei Giochi della XIV Olimpiade è sicuramente merito di due lanciatori del disco, il veneto Adolfo Consolini e il piemontese Giuseppe Tosi, che portarono l’Italia ad una storica doppietta, vincendo oro e argento. I favoriti della gara erano due americani, Bob Fitch, primatista del mondo, che aveva superato il record di Consolini proprio pochi giorni prima della Olimpiade e soprattutto Fortune Gordien, da tutti considerato il miglior lanciatore di disco al mondo, che però non riuscì mai a vincere titoli olimpici. Gordien prese la gara alla leggera, pensando di vincere facilmente, ma il primo splendido lancio di Consolini, al record olimpico, agitò l’americano che non riuscì mai a raggiungerlo, anzi venne superato anche da Tosi, capace di conquistare la medaglia d’argento.

Adolfo Consolini è stato uno degli atleti italiani più grandi di tutti i tempi. Dopo l’oro di Londra ottenne il primato mondiale ad ottobre del 1948 in un meeting a Milano e conquistò l’argento a Helsinki 1952. Chiuse la carriera a Roma, nel 1960, dove ebbe l’onore di pronunciare il solenne giuramento a nome di tutti gli atleti partecipanti ai Giochi.

Le altre medaglie d’oro azzurre sono arrivate negli sport dove eravamo tradizionalmente forti come scherma e ciclismo. Nella scherma vinse l’oro Luigi Cantone nella spada individuale un po’ a sorpresa visto che non doveva nemmeno partecipare ai Giochi, ma sostituì all’ultimo minuto Dario Mangiarotti, infortunato a un piede. Dalla scherma arrivarono anche 4 medaglie d’argento e 1 di bronzo.

La pista del ciclismo ci regalò due ori grazie alla velocità di Mario Ghella e al tandem formato da Renato Perona e Ferdinando Perruzzi, che superarono i favoriti inglesi. Sempre nel ciclismo prestigioso argento nella prova principe di questo sport, l’inseguimento a squadre.

Straordinaria e a sorpresa arrivò l’oro nella pallanuoto maschile con il settebello che battè in finale l’Ungheria, iniziando una tradizione di vittorie che è andata avanti fino ai nostri giorni. Molto bene anche il pugilato con cinque medaglie complessive e la lotta con tre medaglie. Nei pesi piuma del pugilato ha vinto l’oro Ernesto Formenti, all’argento sono arrivati il peso mosca Spartaco Bandinelli e il peso gallo Gianbattista Zuddas. Nella lotta, oro di Pietro Lombardi nei mosca e segnaliamo anche il bronzo di Ercole Gallegati, già sul podio sedici anni prima. L’ultimo oro della spedizione azzurra arrivò dal “quattro senza” di canottaggio. I remi hanno portato al medagliere italiano anche un argento (due con) e due bronzi (due senza e il singolo).

Nessuna medaglia per l’Italia arrivò dal nuoto, dove la fecero da padroni gli Stati Uniti. Il torneo di calcio vide la consacrazione della grande Svezia di Nils Liedholm, Gunnar Nordhal e Gunnar Gren, che in seguito fecero le fortune del calcio italiano. La Svezia arrivò anche, a sorpresa, seconda nel medagliere finale con 44 medaglie complessive, di cui 16 d’oro.

Chiudiamo il nostro racconto con due curiosità che arrivano dal sollevamento pesi e dalla vela. Nei pesi gallo del sollevamento vinse l’oro un americano di chiare origini italiane, Joseph De Pietro, affetto da nanismo e con uno sviluppo degli arti davvero molto ridotto. Nella vela invece, nella classe star si sono alternati al comando della competizione per tutta la gara due coppie di padre e figlio, gli statunitensi Smart e i cubani De Cardenas con la vittoria finale degli americani.

Alla fine l’edizione dei XIV Giochi Olimpici fu un successo molto più roseo delle previsioni e diede nuova linfa al Cio per l’organizzazione dei Giochi successivi. Londra 1948 è stata la prima edizione dei Giochi integralmente teletrasmessa in televisione.

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