“Il podio dell’Olimpiade? L’olandese Lilian de Geus, la britannica Bryony Shaw e Flavia Tartaglini”. Non si nasconde, Flavia. Ambiziosa e un po’ “rosicona”, perché “perdere non mi piace proprio”, ma anche “testarda, sognatrice e solare”, come si descrive nell’intervista concessa a Sportface.it in una buia giornata di un atipico inverno nella sua Ostia scossa dal forte vento. Quel vento che, tra meno di cinque mesi, la velista romana spera possa spirare dalla parte giusta per regalarle una medaglia sognata una vita, alla prima qualificazione olimpica nel windsurf (o meglio RS:X) ma solo perché la strada le è stata finora sbarrata da una “grandissima campionessa come Alessandra Sensini”.
Ora però ce l’hai fatta, sarai a Rio. Che emozione è?
“Enorme, sono 15 anni che inseguo questo sogno”.
Ma non ti accontenti certo della partecipazione?
“Sono una persona molto ambiziosa e competitiva. Raggiunto un obiettivo ne trovo subito un altro. Gareggiare a Rio è già un sogno, ma vorrei provare le sensazioni di chi arriva lì davanti. Sto lavorando, ne ho le possibilità, bisogna crederci e farsi trovare pronti: spero che quella diventi la settimana della mia vita”.
Come hai scoperto l’amore per la vela?
“Sono nata e cresciuta a Ostia (frazione litoranea di Roma, ndr), ho sempre avuto un grandissimo amore per il mare, A ciqnue anni smaniavo per andare in acqua con qualsiasi cosa, a sei anni sono salita per la prima volta su un optimist, la barchetta sulla quale si inizia a navigare. All’inizio lo facevo solo d’estate, a tempo perso. Ho fatto anche tanti altri sport, la scherma per molti anni. Del resto sono nata in una famiglia di sportivi”.
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Tutti velisti?
“Più che altro rugbysti. Mio nonno, mio padre e anche mio cugino, Andrea Pratichetti, oggi in nazionale. Io nascendo femmina ho interrotto la tradizione. Ho fatto atletica, nuoto, pattinaggio artistico e a rotelle ma soprattutto scherma, una passione nata dal pentathlon. Una vita sportiva a 360 gradi, insomma. Ecco, in realtà sono una velista un po’ anomala: a 15 anni ho cominciato a fare windsurf per puro divertimento ma grazie alla mia esperienza con l’optimist e alle conoscenze del vento ho imparato rapidamente”.
E hai deciso di fare l’atleta professionista.
“È nato tutto in modo casuale, non avrei mai pensato che il windsurf sarebbe diventata la mia vita. Tra l’altro ho sempre amato studiare”.
Che scuola hai frequentato?
“Il liceo classico: sono una capra in matematica ma ho sempre amato il greco, forse perché mio zio è un professore e me ne ha trasmesso la passione. Mi sono innamorata della Grecia e delle Olimpiadi, ma ho abbandonato la scherma. Conciliare studio e sport è impegnativo, la quantità di scuole che ho cambiato può far capire le difficoltà nonostante avessi una media alta. E questo è un peccato, perché in Italia molti atleti hanno la passione per lo studio ma fanno tanta fatica. Io, per esempio, non riuscivo ad allenarmi tutti i giorni e allora mi sono dedicata al windsurf, ma solo nel weekend. Diciamo a tempo perso. Poi, però, me ne sono innamorata e nel giro di due anni ho vinto il Mondiale giovanile”.
Quindi niente più studi?
“Mi sarebbe piaciuto studiare medicina, mio padre è medico sportivo. Ci ho pensato molto, papà mi fece riflettere, mi chiese se fossi realmente sicura di apssare una vita in un posto chiusi. Vinto il Mondiale ho ricevuto la proposta delle Fiamme Gialle, un gruppo prestigioso composto da atleti forissimi: la scelta è stata abbastanza naturale: la vela doveva essere il mio futuro. Ho abbandonato la passione per la medicina, ma ho continuato a studiare”.
Cosa?
“Scienza della comunicazione”
Hai dovuto fare delle rinunce per conciliare sport e studio?
“Non sono riuscita a vivere la vita universitaria. Ho studiato da sola, gli allenamenti e le gare non mi permettevano di frequentare le lezioni. In pratica frequentavo l’università solo nei giorni degli esami. Ecco, questa è stata l’unica rinuncia per me”.
Voto di laurea?
“Centosei”.
Una laureata all’Olimpiade. C’è qualcuno che vuoi ringraziare?
“I miei genitori senza dubbio. Mi hanno sempre sostenuto e spinto a fare ciò che amo, lo sport. Non tutti i genitori lo fanno”.
Se non fossi diventata una velista, quale sport ti sarebbe piaciuto?
“Il beach volley. Probabilmente perché amo il mare e la sabbia, non potrei vivere senza. E poi mi piace molto la natura, l’aria aperta”.
Ora sei all’Olimpiade, ma hai passato anche un momento difficile quando la federazione internazionale voleva escludere la tua disciplina per introdurre il kitesurf.
“Non dimenticherò mai quel periodo. Non ho mai provato sensazioni così strane e forti. Veder sfumare l’obiettivo di una vita da un giorno all’altro, non per colpa tua, è stata un’esperienza particolare, mi ha scosso parecchio. Ci ho messo un po’ riprendermi e trovare nuove motivazioni”.
Hai pensato di smettere?
“Sì, mi frullavano per la testa tantissimi pensieri. Ho pensato di reinventarmi sfruttando la mia laurea. In estate ho provato il Nacra, nuova disciplina olimpica, e persino il kitesurf ma mi resi subito conto che avrei avuto poche possibilità”.
L’incubo è passato, Rio è vicina: come ti stai preparando?
“Quando sono a Ostia, vale a dire una settimana al mese, al mattino mi alleno in palestra o faccio nuoto, bicicletta o corsa. Tra l’altro sono un’appassionata di ciclismo e, vivendo qui, sono fortunata perché posso girare sulla litoranea. Poi preparo il pranzo in fretta e mangio in macchina perché mi trasferisco a Civitavecchia dove vive il mio allenatore. Esco in acqua, mi alleno, poi smonto tutto, cerco di fare stretching quando torno a casa prima di mangiare ed addormentarmi sul divano. E poi si ricomincia”.
Soddisfatta del percorso di avvicinamento all’Olimpiade?
“Sì. Sono al termine della prima parte di preparazione, nella gara di Miami ho sfiorato il podio sbagliando però la medal race, mentre al Mondiale ho iniziato bene ma poi ho fallito tre prove importanti finendo undicesima. Risultati non eccezionali, però il vero obiettivo è Rio e queste gare servono per perfezionarmi. Ho le potenzialità per fare bene, ora devo essere più costante”.
Le prossime tappe?
“Da Cagliari voliamo a Palma de Maiorca, poi un’altra gara di Coppa del mondo in Francia a fine aprile”.
Quando non sei in mare cosa ti piace fare?
“Ho la fortuna di vivere nella città più bella del mondo, per cui quando sono a Roma mi piace perdermi nelle vie del centro. Mi piace anche il cinema e poi se c’è qualche mostra interessante non me la perdo”.
Film preferito?
“Amo il cinema italiano, tra i film abbastanza recenti potrei citare ‘Notturno bus’. Da sportiva ho apprezzato anche ‘Million Dollar Baby’ e ho apprezzato molto Clint Eastwood anche in ‘Gran Torino’. Ma i film italiani restano i miei preferiti”.
La musica?
“La amo, non riesco a stare senza. La mia conoscenza musicale è ristretta ma il mio fidanzato sta provando a trasmettermi un po’ di cultura rock”.
Segui il calcio?
“Tifo Roma perché sono innamorata della mia città, ma preferisco il rugby”.
Un tuo idolo sportivo?
“Valentino Rossi, adoro la sua personalità e il suo estro. Stimo anche Federica Pellegirni, e poi apprezzo poi tutti gli atleti che fanno tanti sacrifici in discipline dove ci sono meno soldi e meno aiuti”.
Chi deve portare la bandiera italiana a Rio?
“Difficile fare nomi, abbiamo tanti atleti fortissimi. Mi piace molto Tania Cagnotto, ho avuto la fortuna di conoscerla lo scorso anno, è una persona solare con una storia molto bella. Quindi dico Tania”.
E se la portabandiera fosse la Pellegrini?
“Chapeau”.
Tante tue colleghe sono preoccupate per il virus Zika.
“Un problema concreto, ma ce ne sono tanti in ogni parte del mondo: questo risalta ora in modo particolare perché Rio ospiterà l’Olimpiade”.
Il fatto che potrebbe creare problemi in future gravidanze ti spaventa?
(risata) “Magari me lo chiedi perché mi vedi vecchietta: ho 31 anni ma la famiglia non è nei miei immediati progetti”.
Quindi andrai in Brasile tranquilla per la tua prima Olimpiade. E tra quattro anni c’è Tokyo.
“Non sono sicura di andare avanti fino al 202. Ho dedicato tanto tempo alla vela, una vita estenuante anche se può sembrare bellissima e divertente. Viaggi come una trottola, lavori in continuazione con il tuo fisico, è uno sport che ti stanca e alla lunga ti logora. Ora comunque sono concentrata su Rio, poi deciderò cosa fare. Ma prima mi piacerebbe fare un viaggio”.
Dove?
“Mi piacerebbe vedere l’Argentina, un viaggio con lo zaino in spalla. Spero ci sia la possibilità perché vorrei anche fare un master il prossimo anno e quindi non so se avrò il tempo per una vacanza”.
Un master di che tipo?
“Mi sto guardando attorno, di sicuro vorrei studiare all’estero per imparare a lavorare con l’inglese, che ora utilizzo solo per parlare gli amici”.
Ma quando Flavia Tartaglini chiuderà la carriera agonistica cosa farà?
“Una cosa che mi ha sempre affascinato è il giornalismo sportivo. Mi piace scrivere, anche se è una professione difficile. È una opzione, ne ho altre. Una volta mi chiesero: ‘Se avessi una bacchetta magica, cosa faresti?’. Io risposi: ‘Lavorerei per il National Geographic’”.
Le altre tue passioni?
“Turismo, cibo e vino”.
E poi la tua città, Roma, dove tra otto anni potrebbe disputarsi un’Olimpiade.
“Nel caso potrei pensare davvero di andare avanti. Il sogno di ogni sportivo è ascoltare l’inno italiano nella propria città, sarebbe davvero il massimo. Se dovessi rendermi conto di avere reali possibilità di restare ai vertici, magari dopo un bel risutlato a Rio, perché no?”.
Uno dei progetti, tra l’altro, prevede le premiazioni dei vincitori all’interno del Colosseo.
(sorride) “Beh, se prima avevo qualche dubbio se continuare o meno, ora non ne ho più”. Prima, però, c’è Rio. E il podio Tartaglini, de Geus e Shaw, magari con l’inno italiano.
(Ha collaborato Luca Fiorino)