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Tra i protagonisti del primo Itf Città di Gaeta ci sarà Alessandro Petrone. Il tennista lombardo, numero 1 del seeding della Sara Cup 2018, si è concesso ai microfoni di Sportface a pochi giorni dal via dell’evento sui campi in terra battuta di via Annunziata. “Questi primi sei mesi di stagione sono stati un po’ travagliati, ho cambiato allenatore e preparatore atletico e quindi c’è stato un po’ di ambientamento all’inizio – ha dichiarato Petrone, che comunque ha ritoccato il best ranking a maggio raggiungendo il numero 407 delle classifiche mondiali – Poi ho avuto una sorta di pubalgia che andava e veniva e quindi mi ha un po’ bloccato, da metà aprile ho iniziato a giocare stabilmente tornei: in Ucraina ho vinto un torneo (a Rivne, ndr) giocando abbastanza bene, poi sono tornato in Italia e i risultati non sono stati dei migliori.
L’Itf Città di Gaeta è una novità del calendario ma ha alle spalle una grande tradizione con il torneo Open. Sei mai stato al Circolo?
“No, non ci sono mai stato ma ne ho sentito parlare dal mio amico Claudio Grassi che gioca il campionato a squadre lì. Mi ha detto che è un Circolo appassionato, in cui cercano di fare le cose in grande sia con questo 15.000 che con la squadra di Serie B che punta alla A“.
Alla Sara Cup ci arrivi da testa di serie numero 1.
“L’obiettivo come sempre è quello di arrivare fino in fondo ma anche di trovare fiducia che nelle ultime partite è mancata. Anche la scorsa settimana a Sassuolo era testa di serie numero 1 e ho perso 7-5 al terzo dopo essere stato sopra 6-2 5-2. Devo alzare il mio livello di gioco e poi vedremo: sarà l’ultimo di una serie di 15.000 in Italia, poi finirò con il campionato di Serie B e inizierò a giocare Challenger nel mese di luglio anche perché con le nuove riforme bisogna concentrarsi su quelli”.
A proposito del nuovo Transition Tour, quali sono le tue impressioni?
“Penso che l’idea di base possa essere buona: definire oggi professionista un 1500 o 2000 delle classifiche mondiali è un po’ esagerato anche perché i guadagni non si riescono a spartire bene. Credo però sia un po’ troppo selettiva e rigoroso nei termini, spero che cambino qualcosa prima di renderlo ufficiale: dai rumours nei Challenger emerge questo, con i primi 250/300 che saranno professionisti ma rischiando di essere un mondo chiuso e che tutti gli altri dietro facciano grande fatica, considerati amatori e con tornei senza montepremi, arbitri, cambio palle. Dipenderà molto anche dal numero di Challenger in ogni settimana”.
In ogni caso, il movimento tennistico italiano maschile sembra in grande crescita. Può far da traino anche a chi è un po’ più indietro in classifica?
“Le cose alla fine sono cicliche: dopo un brutto periodo tra gli uomini ma con grandi annate tra le donne, adesso è il contrario. Ci sono molti ragazzi che possono essere dei validi sostituti dei vari Fognini, Seppi, Lorenzi, Bolelli. L’exploit di Cecchinato è stato incredibile ma non avevo dubbi perché il coach Vagnozzi e il suo team sono bravissimi e competenti. Ma anche gli altri come Sonego, Moroni, Donati, Quinzi che sta trovando finalmente continuità sino ad arrivare a quelli della mia annata come Gaio e Caruso non stanno sfigurando”.