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Un anno sull’altalena. Dall’Olimpiade di Rio de Janeiro alla delusione per l’interruzione del sogno Roma 2024, nel 2016 dello sport italiano non sono certo mancate le emozioni.
Alla vigilia della sua prima Olimpiade estiva da numero uno del Coni, Giovanni Malagò professava una comprensibile cautela visto il programma non proprio favorevole (privo delle gare a squadre di fioretto femminile e sciabola maschile) e forse non immaginava un bottino così ricco in Brasile, 28 medaglie e il nono posto nel medagliere. Gli otto ori, i dodici argenti e gli otto bronzi rappresentano invece un risultato persino migliore di Londra 2012 quando chiudemmo sempre in nona posizione con lo stesso numero di medaglie e ori, ma tre argenti in meno.
“Abbiamo fatto una bella figura – spiega Malagò – Le previsioni della vigilia erano più pessimistiche (lo stesso presidente del Coni aveva fissato l’asticella a quota 25 podi, ndr), alla fine potevamo persino vincere qualche medaglia in più visto il numero dei quarti posti, dieci contro gli otto di Londra, e alcune sfortunate coincidenze, vedi ad esempio Nibali e Mangiacapre. Ma credo che siamo usciti da Rio a testa alta nei risultati, nello stile e nel comportamento: per questo devo ringraziare tutta la spedizione azzurra“.
In effetti i dati positivi dell’Olimpiade di Rio vanno oltre i 28 podi e il mantenimento della top ten internazionale, risultato già importante visto l’aumento del numero dei paesi capaci di salire sul podio (87 in Brasile contro gli 85 di Londra) e conquistare almeno un oro (59 quest’anno contro i 54 del 2012): l’età media dei medagliati azzurri di poco superiore ai 27 anni, in diminuzione di circa un anno e mezzo rispetto a Londra 2012, fa infatti ben sperare per il futuro, tenendo conto anche dell’età media degli olimpionici, appena 25 anni.
“Abbiamo vissuto un’esperienza fantastica, indimenticabile – sottolinea Malagò – Ma non dimentichiamo un dato importante: a Rio abbiamo conquistato in tutto 67 medaglie, 28 olimpiche e 39 paralimpiche, portando sul podio complessivamente 100 atleti. I nostri ragazzi hanno saputo rappresentare al meglio il paese, promuovendo l’immagine dell’Italia con classe e stile: siamo un paese che, quando vuole, sa fare squadra“.
Proprio la mancanza del gioco di squadra, il passo indietro fatto dalla nuova amministrazione capitolina guidata da Virginia Raggi, ha interrotto invece il sogno più grande del Coni di Malagò, la candidatura di Roma ai Giochi del 2024. Un no doloroso, arrivato esattamente un mese dopo la chiusura dell’Olimpiade di Rio de Janeiro, il 21 settembre, e forzatamente tradotto dal numero uno dello sport italiano nella lettera di interruzione della candidatura inviata al Cio l’11 ottobre, “il giorno più triste della mia presidenza“.
“Sentiamo ancora addosso la ferita – ribadisce Malagò – il nostro mondo non capirà mai questa scelta: alla base c’è stato solo un pregiudizio ma credo che ne siamo usciti con stile. Lo hanno riconosciuto tutti, anche il Cio“. Delusione archiviata e discorso chiuso, dunque, nonostante i problemi recenti della giunta Raggi: “Ripartire ora non sarebbe comunque una cosa seria – sottolinea Malagò – Nella vita tante cose sono possibili, però bisogna essere realisti: è andata così e dobbiamo accettarlo“.
Accettarlo e ripartire subito, come è abituato a fare il presidente del Coni, già pronto a lanciare nuove sfide qualora fosse confermato alla guida dello sport italiano nelle elezioni del prossimo maggio (la data giusta dovrebbe essere l’11): “Vogliamo ospitare a Milano la sessione 2019 del Cio – rilancia Malagò – Credo che questo possa essere il primo passo per curare la ferita procurata dall’interruzione della candidatura di Roma e riavvicinare l’Italia al Cio. Il futuro è dalla parte dello sport italiano. Un’altra candidatura olimpica? Nella vita mai dire mai: non so se a Roma o da qualche altra parte, vediamo quello che succede“.