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Ciclismo, Strade Bianche 2017. Brocci (Eroica) contro RCS: “Perso il contatto con l’idea originale, ricorreremo alle vie legali”

Eroica del Chianti - foto eroicagaiole.it

Ogni anno, gli abitanti di Gaiole in Chianti si tuffano nel ciclismo del passato. A ottobre, il tempo si ferma e lascia spazio a cicloamatori provenienti da tutto il mondo, vestiti alla moda di Coppi e Bartali, in sella a bici d’epoca, con la camera d’aria a fasciare la spalla. È la magia dell’Eroica, la corsa-rievocazione nata nel 1997, spettacolo suggestivo e unico, francobollo prezioso di uno spaccato della cultura nazional-popolare italiana. A idearla fu Giancarlo Brocci, medico con il ciclismo in testa, visionario e sognatore. Da quell’esperienza, poi, nacque – dieci anni fa – l’Eroica per professionisti, l’antenata di quella corsa che oggi si chiama Strade Bianche. E che, a detta dei pionieri di questa manifestazione, ha perso il senso e la misura previsti dal progetto originale.

Ma andiamo con ordine: bisogna ripercorrere ben vent’anni di storia sulle due ruote in mezzo agli sterrati e al vino rosso. “Il 5 ottobre 1997 nacque la prima Eroica – ci spiega Giancarlo Brocci -, un’idea volta a valorizzare quello che io chiamo il Parco ciclistico del Chianti, un territorio straordinariamente adatto alla bicicletta. Partì come gadget della Gran Fondo dedicata a Gino Bartali: chi si iscriveva a quella corsa (che aveva già due anni di vita), poteva garantirsi la partecipazione gratuita all’Eroica”.

Il fascino dell’iniziativa colpì tutti. E qualche anno dopo, coinvolgendo altri attori istituzionali, si fece largo l’ipotesi di allargare la manifestazione anche ai professionisti: “Un giorno – ricorda Brocci – si discuteva con Claudio Martini (presidente della Regione Toscana dal 2000 al 2010, ndr), con il presidente della Federazione Ciclistica Renato Di Rocco e con i vertici del Montepaschi di Siena. E allora mi sono chiesto: perché non permettere anche ai professionisti di misurarsi con lo sterrato? La mia idea, quella di estendere l’Eroica ai professionisti, aveva un importante contenuto tecnico – perché affrontare tratti di sterrato richiede una grande perizia nel guidare la bicicletta – e un grande impatto anche per la corsa per amatori: da quel momento in poi, l’Eroica venne di fatto sdoganata”.

All’inizio, nonostante qualche resistenza interna da parte dei vertici del ciclismo, perplessi sul fatto che i professionisti potessero correre su tratti di strada non asfaltata, la prima edizione di quella che venne chiamata Eroica-Montepaschi fu un successo: “La organizzammo nel 2007, due giorni dopo l’Eroica vera e propria. E la vinse nientemeno che il vice-campione del mondo Aleksandr Kolobnev. Un chiaro segnale che la corsa aveva riscosso un alto indice di gradimento tra i campionissimi di questo sport. L’anno dopo RCS, allora rappresentata da Angelo Zomegnan, iniziò a imporre i primi cambiamenti come quello di spostare la corsa a marzo. Nel 2009, poi, la corsa cambiò nome e da Eroica-Montepaschi si passò a Strade Bianche”.

Ma la rottura vera e propria tra il gruppo editoriale e gli organizzatori dell’Eroica avvenne in un secondo momento: “Fu quando RCS Sport passò dalla gestione di Michele Acquarone a quella di Mauro Vegni – afferma Brocci -: iniziai a non essere più una figura gradita. Nel 2015, provai di nuovo a inserire il marchio Eroica nella manifestazione, pagando come sponsor, ma la cosa cadde nel vuoto. Insomma, RCS è venuta qui, nel nostro territorio, e ha completamente ignorato una realtà (quella del brand Eroica, appunto) che alimenta l’economia della zona. Il fatto emblematico è il cambio della partenza, prima da San Gimignano e poi da Siena: l’intento è stato quello di escludere Gaiole in Chianti e, di conseguenza, l’Eroica che a questo paese è collegata in maniera intima”.

E ora si passerà, inevitabilmente, alla guerra delle carte bollate: “Abbiamo chiesto la proprietà intellettuale dell’idea Strade Bianche: il progetto – sottolinea Brocci – è il mio e la corsa è nata indubitabilmente come Eroica. Chi non riconosce questo produce un danno a un brand riconosciuto in tutto il mondo. All’inizio RCS ha minimizzato, ma adesso è partita una diffida: se entro dieci giorni non ci risponderanno, andremo in tribunale e si inizierà la causa. Ci aspettiamo che venga dato il giusto rispetto e il giusto riconoscimento a un patrimonio di idee e di passione, a un territorio, a tanta bella gente, all’anima vera del ciclismo. Non c’è posto, in questo mondo, soltanto per il business”.

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