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Per il ciclismo è uno di quei giorni neri, che nel dramma uniscono professionisti e semplici amatori in un comune sentimento: verrebbe quasi voglia di sbattere contro un muro la propria bici, di smettere di pedalare. Per sempre. Ancora una volta si andrà avanti, perché la passione per questo sport non ha confini, ma di certo Michele Scarponi mancherà a tutti. L’Aquila di Filottrano ha spiccato l’ultimo volo in una mattina di allenamento come tante altre sulle strade di casa. Un autocarro, che secondo le prime ricostruzioni non avrebbe rispettato la precedenza, ha privato il mondo delle due ruote del sorriso più bello e sincero del ciclismo moderno.
Michele trasmetteva allegria in gruppo. Un vero burlone, che preferiva non prendersi troppo sul serio. Sui social postava spesso i video degli allenamenti con il suo pappagallo Frankje ed erano risate a non finire. Poi però, quando montava in sella e la strada iniziava a salire sapeva menare le danze come pochi: come al Giro d’Italia dello scorso anno, quando ha conquistato la Cima Coppi con una strepitosa azione in solitaria, da grande scalatore qual era, sul Colle dell’Agnello. Avrebbe potuto vincere una tappa epica Scarponi, ma il suo capitano e grande amico Vincenzo Nibali si stava giocano la vittoria finale. Il suo lavoro è stato encomiabile e lo Squalo non smetterà mai di ringraziarlo per la seconda maglia rosa in carriera.
A 37 anni il marchigiano era considerato un gregario di lusso del Team Astana. Al Giro del Centenario si sarebbe messo a disposizione di Fabio Aru con la consueta professionalità . Poi il forfait del sardo aveva spinto la squadra kazaka a promuoverlo capitano. A parlare per l’Aquila di Filottrano i risultati raggiunti in stagione: soltanto ieri aveva chiuso al quarto posto il Tour of the Alps, breve corsa a tappe che il lunedì di Pasquetta, sul traguardo di Innsbruck Hungerburg, gli aveva regalato la prima vittoria in maglia Astana. Un successo che aveva dedicato ai suoi due figlioletti, Giacomo e Tommaso, e alla splendida moglie Anna. Perché il corridore Scarponi lascia un vuoto enorme in corsa, ma il dolore della sua famiglia difficilmente potrà essere colmato.
Amava la bicicletta Michele, per lui molto più di un lavoro o di una semplice routine. Già da dilettante era considerato una grande promessa. Nel 2002 il passaggio al professionismo, con la maglia della Acqua&Sapone. L’inizio di una storia di quindici anni fatta di alti e bassi, tra sacrifici, vittorie e momenti bui. Tuttavia, anche dopo aver affrontato le montagne più dure, nello sport come nella vita, a quel corpicino minuto da scalatore tipo non è mai mancato il sorriso e la voglia di prendersi in giro.
Il Giro d’Italia del 2011, vinto dopo la squalifica di Alberto Contador, è stato il premio alla carriera di un corridore che ha sempre dato tutto per il suo sport. Eppure, non si è mai vantato per quel successo, perchè non ha mai digerito che gli sia stato assegnato a tavolino. Michele era fatto così, da buon marchigiano sapeva anche essere cocciuto. Ora che l’Aquila di Filottrano ha sorpreso ancora una volta, spiccando l’ultimo volo verso l’Olimpo dei Grandi del ciclismo, è normale che quaggiù ci si senta tutti un po’ più soli.