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L’ultima sentenza ha scritto la parola fine sul burrascoso divorzio tra la Lazio e l’ex attaccante biancoceleste Mauro Zarate. Infatti il Tribunale Federale svizzero, con una sentenza dello scorso 26 gennaio, ha confermato il precedente giudizio dell’Arbitrato del Tribunale per lo Sport di Losanna, che si già si era espresso ad ottobre circa la richiesta di risarcimento che la Lazio aveva avanzato nei confronti dell’argentino per l’anticipata risoluzione del contratto e nei confronti del Velez Sarsfield per averlo tesserato (quando nel 2013 era ancora sotto contratto).
Al club capitolino, dunque, non spetterà alcun indennizzo da parte del calciatore e della società argentina. Anzi, alla fine Zarate costerà anche circa 4 milioni alla voce costi sul prossimo bilancio: questa la cifra che la Lazio aveva ipotizzato di ammortizzare limitatamente all’ultimo anno di contratto 2013/14, non avendo pagato al giocatore l’ultimo anno di stipendio perché trasferitosi al Velez. Quest’ultimo processo chiude la battaglia legale, visto che le sentenze del Tribunale Federale svizzero non prevedono impugnazioni.
Una querelle che dura dal 2013, quando il 4 agosto l’argentino – dopo essere stato messo fuori rosa dal presidente Claudio Lotito – aveva ottenuto un transfer provvisorio dalla Fifa per accasarsi al Velez dopo essersi liberato unilateralmente dalla Lazio sfruttando l’articolo 14 del regolamento sui trasferimenti, che consente di risolvere il contratto per giusta causa. Per svincolarsi, precedentemente si era rivolto a un arbitrato italiano (dopo aver intentato una causa per mobbing poi risolta a favore della società biancoceleste) e successivamente alla Fifa, alla quale anche la Lazio è ricorsa per la richiesta di danni.
Il Tas ha condannato, dopo il primo grado di giudizio, il club e il giocatore a pagare circa 6 milioni di euro come risarcimento alla società biancoceleste. L’argentino, però, si è appellato al successivo grado di giudizio e il Tas di Losanna ha ribaltato la vicenda dandogli ragione. La società biancoceleste, dunque, ha fatto ricorso al Tribunale Federale Svizzero che, però, ha confermato la sentenza.