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Lazio, adesso è crisi: non solo di gioco, ma anche di risultati

Stefan Radu
Stefan Radu - Foto Antonio Fraioli

Dopo averci girato a lungo attorno in casa Lazio è arrivato il momento di ammettere la crisi. I biancocelesti in campo sono apparsi anonimi da inizio stagione, ma se i risultati iniziali avevano mascherato i problemi della squadra di Inzaghi, il mese di dicembre ha fatto venire a galla tutti i problemi di un gruppo che al momento non sembra in grado di ripetere quanto fatto nell’annata passata. L’ultimo successo della Lazio in campionato risale al 4 novembre, 4-1 contro la Spal, dopo la vittoria sugli emiliani sono arrivati quattro pareggi e la sconfitta contro l’Atalanta. Non fa testo invece l’Europa League dato che dopo il passaggio del turno è stato applicato un ampio turnover nei due match giocati.

COSA E’ CAMBIATO? – Difficile capire cosa sia cambiato nel giro di pochi mesi in una squadra che ha cambiato poco o nulla in sede di mercato. La fase difensiva dal punto di vista tattico si è confermata traballante. Si è persa qualità individuale con il cambio De Vrij-Acerbi, ma nelle dinamiche difensive non ha inciso troppo dato che il centrale ex Sassuolo si sta comportando a dovere. Il problema più volte è stato rappresentato dai centrali di sinistra (ruolo dove Radu è in calo) e destra che Inzaghi ha fatto girare a lungo senza mai trovare un titolare fisso. Ma ciò che sta facendo la differenza in negativo per davvero è l’attacco. I primi segnali negativi erano arrivati nel corso della stagione passata, i tagli di Immobile sui suggerimenti di Milinkovic e Luis Alberto giornata dopo giornata erano sempre più prevedibili e le difese della Serie A si stavano adattando di conseguenza. In questa stagione Immobile spesso rimane isolato e deve cercare la palla lontano dall’area, infatti per aumentare il rendimento difensivo Inzaghi ha sensibilmente abbassato gli esterni e il baricentro del centrocampo. Questo porta di fatto la Lazio spesso ad attaccare con due-tre uomini senza di fatto poter creare pericoli seri. In molti hanno attribuito le difficoltà dei biancocelesti all’addio di Felipe Anderson, ma il brasiliano non solo non ha lasciato particolarmente il segno nel 3-5-2 di Inzaghi, ma fino a gennaio è stato addirittura fuori dai giochi a causa di un infortunio. Inoltre al suo posto è arrivato Correa che è più funzionale per il modulo del tecnico piacentino, proprio l’argentino ad oggi rappresenta la freccia in più nell’arco offensivo della Lazio dato che è l’unico in grado di perseguire giocate individuali partendo dai 25-30 metri.

MILINKOVIC SAVIC E LUIS ALBERTO IRRICONOSCIBILI – I top player trattenuti in estate non stanno rendendo come tale. Il serbo e lo spagnolo sembrano la brutta copia di quanto visto nell’anno passato e il loro apporto manca terribilmente ai biancocelesti. Il primo valutato 150 milioni dal presidente Lotito non sta più segnando e non sta più deliziando i tifosi laziali con le sue giocate. Troppo facile dire che il serbo è un fuoco di paglia, l’esplosione è avvenuta lo scorso anno, ma il suo rendimento era costante già nelle prime stagioni italiane. Sergej sta pagando le modifiche apportate da Inzaghi al baricentro della squadra, gli viene chiesto maggior sacrificio in fase di ripiego e questo limita le sue incursioni davanti. Nel complesso non starebbe neanche facendo male, ma il compitino non basta più e deve ritrovare il modo per portare sulle spalle il peso del suo nome che non passa più in sordina come al suo arrivo.

Sullo spagnolo il discorso è ancora più complicato. Perché se il compagno sopracitato resta in grado di mostrare sprazzi di genio, lui sembra aver perso la qualità che lo aveva reso un punto inamovibile della formazione laziale. In difficoltà ben prima dei problemi di pubalgia Alberto non ha mai inciso veramente in questa stagione ed è un qualcosa di incomprensibile per un giocatore che aveva coperto praticamente tutti i ruoli del centrocampo in maniera eccellente, lo ricordiamo addirittura mediano in un paio d’occasioni e durante il ritiro svolto ad Auronzo di Cadore. Dietro di lui Correa e Caicedo scalpitano, in particolar modo è un peccato che il 3-5-2 non lasci possibilità di convivenza con l’argentino. L’unica occasione in cui sono scesi insieme in campo dal primo minuto è stato fatto nel turn over di giovedì contro l’Eintracht Francoforte dove è stato sacrificato Immobile.

ROSA INCOMPLETA – Se più semplicemente fosse la rosa il problema della Lazio? Lo scorso anno funzionava tutto e il gruppo forse ha semplicemente reso più del dovuto. In estate il mercato non ha convinto e ha lasciato dei punti scoperti nell’organico di Inzaghi che presenta diversi punti di domanda. In difesa non c’è un centrale di destra in grado di garantire continuità, Luiz Felipe nonostante il talento fatica ancora, Wallace e Caceres discontinui. A sinistra non sta facendo meglio Radu che sta vivendo una fase d’involuzione. Gli esterni non sono adatti al modulo, Marusic e Patric a destra raramente puntano l’uomo e creano scompiglio nelle difese avversarie, lo stesso vale per Lulic che ha un po’ di qualità in più ma non spezza le partite come dovrebbe fare un esterno nel 3-5-2. Davanti dopo aver trattato a lungo Wesley è rimasto Caicedo che ha confermato in questa stagione di non essere un vero vice Immobile, l’ecuadoregno ha fatto bene a sostegno come seconda punta, ma quando ha giocato da solo ha sempre deluso. L’unico reparto che ha portato miglioramenti è stato il centrocampo che è stato allungato con gli innesti di Badelj e Berisha. La Lazio orbita ancora in zona Champions, ma lo fa più per demeriti altrui che per meriti suoi. La rosa non è completa per puntare alla Champions League e prescinde troppo dal rendimento di 3-4 singoli, a questo punto c’è da farsi una sola domanda. La Lazio di oggi è una squadra realmente costruita il quarto posto?

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