Serie A

Esame farsa Suarez, dirigente Juventus Cherubini: “Dopo il test ha ringraziato l’ateneo”

Luis Suarez
Luis Suarez - Foto Antonio Fraioli

“Uno o due giorni dopo l’esame, Paratici ricevette un messaggio da parte dell’avvocato di Suarez, a da Suarez stesso, con il quale si voleva ringraziare l’ateneo per la disponibilità mostrata nel corso dell’esame. Così mi sono messo in contatto con loro e ho passato il telefono a Paratici, che ha brevemente riferito il messaggio di ringraziamento di Suarez”. Sulle colonne del Corriere dell’Umbria emerge questo risvolto dalla deposizione di Federico Cherubini, Football Director della Juventus, che è stato chiamato a parlare dell’esame farsa sostenuto da Luis Suarez presso l’Università per Stranieri di Perugia allo scopo di acquisire la cittadinanza italiana e trasferirsi così in bianconero.

Il dirigente bianconero non è iscritto nel registro degli indagati, ma ha dovuto spiegare il suo ruolo centrale nella vicenda, spiegando come le sue origini di Foligno abbiano fatto sì che svolgesse una funzione di connessione tra ateneo perugino e società: “Il mio ruolo è stato quello di connessione con la realtà di Perugia, essendo io di Foligno. I primi di settembre verificammo che il calciatore non aveva il passaporto italiano ed era necessario acquisire la certificazione della lingua italiana. Lo staff di Suarez ci informò che la certificazione poteva essere acquisita a Siena o a Perugia. Il segretario Lombardo mi chiese se conoscevo Maurizio Oliviero, rettore dell’Università di Perugia, e risposi che lo conoscevo e avevo il contatto telefonico. Lo chiamai e nel corso della telefonata mi rispose che la competenza del rilascio del certificato era della Stranieri. Quindi mi diede il contatto di Olivieri. Successivamente, credo il 10-11 settembre, ho ricevuto una telefonata da Oliviero perché la vicenda dell’esame era diventata di dominio pubblico. In particolare se la Juve avrebbe preso una posizione ufficiale e io gli feci presente che non avremmo fatto nulla come società perché la decisione di svolgere l’esame o meno era personale del calciatore, che peraltro non era nostro tesserato”.

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