Calcio

Menotti ricorda Maradona: “Era condannato ad essere infelice, non voleva più vedere persone”

Diego Armando Maradona
Diego Armando Maradona - Foto Antonio Fraioli

 “Sono sommerso dal dolore, come se fossi coperto di merda. Cominciamo da qui. Era immortale ma non era dio, non era un modello morale e non voleva esserlo, non era neanche Pelé. Era un ragazzo che aveva sofferto e un uomo che voleva vivere a modo suo. Quando giocava, sì, è stato il più grande del mondo”. Cesar Menotti, il ct che guidò l’Argentina alla vittoria del Mondiale nel 1978, ricorda così Diego Armando Maradona in una intervista a Repubblica. “Lui aveva 15 anni, sono stato a casa dai suoi vecchi, ricordo la fidanzata Claudia che era una ragazzina. L’ho allenato per sei anni, la mia testa è piena delle nostre vite insieme. Sono stato con lui ovunque – ha ricordato – Dopo Barcellona, Diego andò a Napoli e io tornai a casa. Aiutava tutti. Non era un leader, questa parola non mi piace: era un compagno, era la squadra, con lui si giocava in dodici. Era il migliore. Non era Pelé? La pantera è di un altro pianeta, lasciamolo fuori. Ma Diego col pallone ha fatto cose incredibili”.

“Dopo la squalifica per doping del ’90, mi disse: ‘Io devo essere infelice’ Era contento solo in campo”, ha rivelato ‘El Flaco’, che non si aspettava la morte del Pibe de Oro. “In passato sì, non mi avrebbe sorpreso, ma non ora. La notizia mi ha sconvolto, sapevo che Diego aveva superato l’operazione alla testa, ero fiducioso nel suo ennesimo recupero – ha ammesso – Credo fosse maledettamente difficile essere Maradona, me ne sono accorto negli anni che abbiamo trascorso insieme. Doveva accettare continui compromessi, era circondato da tanti, però credo che in pochissimi gli volessero bene. Penso che avesse paura di non essere più amato e questo era impossibile. Gli dicevo: hai tutto, sei Maradona, hai figlie bellissime. La sua ansia era ingovernabile .Qualcuno ha detto che era come se ogni giorno pensasse di dover segnare un gol agli inglesi. Una condanna. Da quanto non lo vedevo? Almeno dieci anni, forse di più. Non voleva più vedere la gente, e penso che anche in questo meritasse rispetto. Io non l’ho più disturbato. Era irraggiungibile”.

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