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La stagione NBA con il passare dei mesi sta entrando nel vivo, i temi di discussione aumentano e sono sempre più interessanti. La rubrica NBA Tapas che qui inauguriamo intende proporre settimanalmente tre temi “caldi” del mondo NBA e affrontarli in maniera accessibile anche a chi è meno preparato in campo cestistico. Senza dilungarci andiamo ad esaminare ciò che è successo nella settimana appena trascorsa.
RILANCIO THUNDER – Ormai da un mese la sinfonia nella loud city è cambiata e la vittoria di spessore ottenuta contro Cleveland ha dato ulteriore linfa allo spogliatoio di Oklahoma. I Thunder si sono catapultati al quinto posto della Western conference e sembrano aver trovato la quadratura del cerchio definendo gerarchie e compiti degli interpreti. Carmelo Anthony dopo qualche mese di adattamento ha accettato il suo status di terzo violino dando ai big three di Oklahoma City ragione di esistere. Il cambiamento è ben visibile sul parquet, l’ex Knicks non pretende più di essere il fulcro del team e applica una selezione di tiri migliori senza forzare match-up sfavorevoli che nei primi mesi della stagione hanno affossato le sue percentuali. Ad ammettere il nuovo approccio è stato proprio il diretto interessato che ha dichiarato ai microfoni di ESPN di aver accettato il nuovo ruolo in squadra e di esser tornato a divertirsi. A giovare di questa evoluzione è tutto il sistema dei Thunder che ha aumentato efficienza e costanza offensiva.
Nella nuova realtà si sta iniziando a calare anche Paul George che è migliorato nel leggere i movimenti di Westbrook e nel gioco senza palla, questo ha permesso all’attuale MVP di servire palloni migliori e l’ala ex Pacers di prendere ottimi tiri dal campo aumentando il proprio rendimento. Russell Westbrook rispetto alla scorsa stagione è stato sgravato di un discreto numero di possessi anche se il quantitativo di tiri tentati in determinate gare resta esagerato. Questo probabilmente è il difetto maggiore che si può trovare in un giocatore che sta viaggiando a una media vicina alla tripla doppia e che rappresenta la prima chiave offensiva della squadra.
In ottica Playoff Oklahoma City giocando come sta facendo può essere un’insidia per ogni team della Western conference. Il loro gioco fisico risulta spesso un fattore e il quintetto a disposizione di coach Donovan si accoppia alla temuta serie contro i Warriors meglio moltre altre squadre sulla carta più attrezzate. Il tallone d’achille dei Thunder è rappresentato dalla panchina, significativo il dato che vede i big three+Adams autori del 70% dei punti in questa stagione. In ingresso mancano uomini in grado di dare un contributo significativo (le riserve dei Thunder sono terzultime nella lega per punti segnati) e anche quei pochi che sulla carta si presentavano come role player collaudati stanno deludendo, uno su tutti Patrick Patterson. Per coronare la crescita dell’ultimo mese il front office dovrebbe riuscire ad aggiungere un paio di tasselli in grado di garantire minuti di riposo ai titolari senza incappare in parziali eccessivamente negativi.
ALLARME CLEVELAND – Parlare dei Cavaliers nelle ultime settimane equivale a sparare sulla croce rossa. Il drastico calo della squadra è sotto gli occhi di tutti e la situazione sembra sfuggita dalle mani di coach Tyronn Lue che vede messa in dubbio più che mai la sua leadership manageriale. La gara che ha portato in “paradiso” i Thunder ha fatto scattare l’allarme in Ohio dopo che erano state prese sottogamba le sconfitte contro Timberwolves, Raptors e Pacers.
La squadra è reduce da undici sconfitte nelle ultime quindici gare. Le lacune riguardano soprattutto la metà campo difensiva, LeBron e compagni hanno il secondo peggior rating difensivo della lega con 109.8 punti subiti ogni cento possessi. Già in fase di costruzione del roster (come negli anni passati d’altronde) preoccupava l’assenza di difensori validi, giocatori come Korver, Wade, Calderon, Rose e soprattutto Thomas non sono mai stati noti per l’apporto difensivo. Purtroppo per i Cavs anche coloro che avrebbero dovuto tirare le redini della difesa stanno incontrando grandi difficoltà. In particolar modo è insoddisfacente il rendimento di Crowder che nel sistema di Lue sembra un pesce fuor d’acqua.
Se nelle annate passate il rendimento offensivo, specialmente durante la stagione regolare permetteva James e compagni di colmare determinate mancanze quest’anno ciò non è possibile. In attacco la squadra vive a momenti alterni, le situazioni di quick decision in cui la palla circola generando un gioco efficace che porta canestri si alternano a situazioni di eccessivo ball stopping specialmente da parte di LeBron che troppe volte ferma il gioco dei Cavaliers tenendo troppo la palla tra le mani e forzando giocate in isolamento. Inoltre il ritorno di Isaiah Thomas non ha dato la svolta che ci si aspettava, l’ex play dei Celtics fatica a creare in cabina di regia e si trova spesso costretto a chiamare pick and roll che difficilmente generano soluzioni ottimali.
Questa volta la crisi non potrà essere risolta con qualche scambio “miracoloso” che rimandi di qualche mese la data di scadenza di una squadra che a fine stagione dovrà fare i conti con la realtà. La svolta deve arrivare dall’interno e i mezzi per riprendersi ci sono perché il roster resta comunque più che valido specialmente per la Eastern conference che al momento vede Cleveland più vicina alle inseguitrici Miami e Washington che al duo di testa composto da Boston e Toronto. James con un pizzico di catastrofismo ha parlato di una squadra che non passerebbe neanche il primo turno di playoff. Nonostante l’esagerazione del numero ventitrè è certo che l’ultima parte di regular season quest’anno non potrà essere snobbata e Lue dovrà provare a dare un impronta ad un team consapevole di trovarsi al giro di boa in attesa di “The decision III”.
ESONERO KIDD – L’esonero di Jason Kidd non è stato un fulmine a ciel sereno per i fan dei Bucks che già da qualche tempo lo tenevano sotto il mirino. Tuttavia era difficile auspicare una decisione simile da parte della dirigenza nel mezzo della stagione e con la squadra in zona playoff. Lo spogliatoio sembra essersi spaccato in due parti alla notizia. Nelle ore successive all’avvenimento si è parlato del tweet liberatorio Sean Kilpatrick che ha pubblicato un eloquente “God, thank you!”. Allo stesso tempo però fonti interne ai Bucks parlano della destabilizzazione di Antetokounmpo, secondo alcuni il greco avrebbe addirittura provato a chiamare Kidd per aiutarlo a salvare la panchina ricevendo come risposta un “Non puoi fare nulla”.
Le aspettative di Milwaukee alla vigilia della stagione erano quelle di lottare per il terzo posto della conference con Wizards e Raptors, cosa che non sta accadendo. Il basket giocato dalla squadra di Kidd è stato inconsistente e nella metà difensiva invece di fare passi avanti i Bucks sono regrediti. L’arrivo di Bledsoe non ha permesso di compiere il salto di qualità che era auspicato in Wisconsin e la dirigenza ha fatto ricadere la colpa sulla panchina.
Il ruolo di capo allenatore è stato affidato ad interim a Joe Prunty che è stato promosso dal ruolo di vice. L’ex coach della nazionale britannica potrebbe conservare la posizione fino al termine della stagione anche se il front office starebbe valutando Fizdale e Williams per il futuro. Al momento la priorità però riguarda lo spogliatoio nel quale vanno risolti al più presto i conflitti interni che sono stati amplificati dal cambio panchina, sarà interessante in quest’ottica vedere le scelte che prenderà la proprietà nei prossimi mesi.