Basket Nba

NBA 2019/2020: la presentazione del roster degli Houston Rockets

James Harden - Houston Rockets - Official Facebook Page

Dopati da un’altra epica, storica stagione di James Harden gli Houston Rockets sono riusciti a raggiungere quota 50 vittorie: raggiunti i playoffs, tuttavia, il cammino si è (nuovamente) fermato contro i Golden State Warriors. Quest’estromissione, come quella dell’anno scorso, è stata vissuta con gran frustrazione: nel 2018 Chris Paul ha saltato gara 7 a causa di un problema al tendine del ginocchio; quest’anno la sconfitta è arrivata in sei partite, una doccia fredda arrivata nonostante Durant, infortunatosi in gara 5, non sia sceso sul parquet per il sesto atto.

LA PRESENTAZIONE DI TUTTE LE ALTRE SQUADRE

RECORD 2018/2019: 53-29, eliminati 4-2 alle semifinali di Conference dai Golden State Warriors.

ARRIVI: Russell Westbrook (trade), Tyson Chandler (free agency), Ben McLemore (free agency).

PARTENZE: Chris Paul.

PROBABILE QUINTETTO 2019/2020: Westbrook, Harden, Green, Tucker, Capela.

PANCHINA 2019/2020: Gordon, Rivers, Ponds, McLemore, Clark, Sefolosha, Anderson, Nene, Chandler.

In una delle migliori stagioni offensive di tutti i tempi Harden ha marciato con 36.1 ppg, rivitalizzando la stagione dei Rockets soprattutto nei periodi in cui Paul è stato assente. Il Barba ha piazzato 32 trentelli di fila, ha siglato ben 9 cinquantelli e ha completato il capolavoro con due partite da 61 punti. E’ stato una forza della natura che non ha mai mostrato segni di usura: a differenza di Paul il numero 13 è stato un simbolo di solidità e robustezza, giocando 36.8 minuti a partita per 78 partite. CP3 è sceso sul parquet solo 58 volte: sebbene sembrasse talvolta un rispettabile All-Star (8.2 apg) è alla luce del sole come il suo livello di gioco si sia abbassato di un paio di spanne.

Eric Gordon ha giocato in modo solido guadagnandosi un max e Clint Capela ha dato a D’Antoni un’arma utilizzabile su entrambe le estremità del campo. L’esperienza con Carmelo Anthony è fallita dopo 10 partite ma i texani hanno ricevuto supporto da Austin Rivers e P.J. Tucker (quest’ultimo spiccando soprattutto ai playoffs). E’ stata tuttavia una stagione deludente, sia per la proprietà che per lo spogliatoio stesso.

Al momento dell’acquisto dei Rockets per 2.2 miliardi di dollari Tilman Fertitta si voleva insediare come un proprietario ragionevole e paziente. Si è impegnato nel riporre fede in Daryl Morey e nella sua moreyball: ognuno ha tuttavia i suoi limiti e Fertitta è rimasto davvero scoraggiato dal modo e dalla velocità con cui i Rockets hanno salutato la compagnia la scorsa stagione. Qualcosa doveva essere fatto e un’ottima opportunità si è presentata. Kawhi Leonard ha firmato coi Los Angeles Clippers convincendo Paul George a richiedere una trade agli Oklahoma City Thunder: tutto ciò ha reso disponibile Russell Westbrook. Mentre tutto questo occorreva Harden e Paul stavano già avendo accese discussioni, o perlomeno ciò è filtrato dall’ambiente di Houston: solo due anni fa erano eccitati dal poter essere compagni di squadra e addirittura facevano pubblicità assieme, mentre ora è tutto andato in fumo.  La soluzione è stata semplice: tradare Paul e il suo robusto contratto per Westbrook e il suo robusto contratto, riunendo due MVP e due compagni di squadra.

https://twitter.com/HoustonRockets/status/1154738140638306304

Harden e Westbrook si rispettano a vicenda e rispettano soprattutto i riconoscimenti dell’altro: ciò potrebbe cambiare nell’eventualità che l’ennesimo assalto al primo anello di entrambi fallisca. La relazione e la convivenza tra i due sarà il nodo focale che D’Antoni dovrà sciogliere per far sì che i due cozzino il meno possibile: entrambi hanno bisogno della palla in mano, probabilmente più di ogni altro duo nella lega in questo momento, se non addirittura nella storia. I due sono macchine ad “high-usage”, ossia funzionano al meglio nel momento in cui possono creare opportunità per se stessi o per gli altri compagni: ciò può tuttavia accadere a patto che uno dei due sia disposto a limitarsi da questo punto di vista. Westbrook non ha mai svolto questo ruolo nella sua carriera NBA e Harden ha dimostrato di poterlo svolgere ai Thunder soltanto a piccole dosi.

Il Barba ha poi dato la benedizione per quanto riguarda la trade. Una volta che l’affare è andato in porto entrambi i giocatori hanno prontamente rimproverato qualsiasi osservatore pronto a sollevare una questione ovvia: i due possono funzionare? Sì, a patto che D’Antoni e Morey revisionino (se non addirittura ristrutturino) l’intero sistema al fine di rendere il duo maggiormente a suo agio. Nel frattempo i Rockets hanno iniziato una corsa contro il tempo: sarebbe un’eresia affermare che i due siano sulla strada del tramonto, ma dire che le loro speranze di vittoria e quelle della franchigia siano col passare del tempo sempre più al lumicino è decisamente oggettivo.

In realtà vi è un altro enigma nel Texas: l’efficienza dal perimetro di Westbrook, totalmente scomparsa la scorsa stagione (29% con 5.6 tentativi per partita). Le difese continueranno a rispettarlo quando sarà lasciato libero al di là dell’arco? Brodie sembra comunque avere più benzina del serbatoio di Paul, ossia una delle ragioni per cui D’Antoni&Co volevano in fretta voltare pagina. Con tutta la sua esplosività l’ex Thunder è sia durevole che affidabile dal punto di vista degli infortuni: ciò che non poteva concedere Paul, ormai giunto a 34 anni.

 

Il numero 0 è stato ovviamente triste nel lasciare l’Oklahoma: l’unico team che abbia mai conosciuto, in una città che l’ha abbracciato, per una franchigia che l’ha premiato con un massimo salariale. Ora sta andando in un team che, a differenza dei Thunder, ha come obiettivo di questa stagione potersi giocare qualcosa nel mese di giugno. L’ultima volta che lui e Harden sono stati compagni di squadra hanno sì giocato nel mese di giugno, perdendo però nel 2012 contro LeBron James e i suoi Miami Heat. Possono entrambi fare un trionfale ritorno? Tenendo conto di ciò che hanno raggiunto tra MVP, scoring titles, triple doppie e apparizioni all’All-Star Game è difficile scommettere contro. Un anello è tutto ciò che manca e di cui hanno bisogno.

SportFace