Amarcord

L’angolo del ricordo: la storia olimpica di Jury Chechi, il Signore degli Anelli

L’Olimpiade è l’evento sportivo più maestoso, una medaglia ai Giochi è la massima aspirazione di ogni atleta. Nonostante il livello tecnico delle gare olimpiche sia mediamente più basso di quelle mondiali, la carriera di un atleta viene considerata in qualche modo incompiuta se non arriva la medaglia olimpica. Per questo, anche il più grande ginnasta della storia tricolore ha inseguito a lungo l’alloro olimpico. Stiamo parlando di Jury Chechi, che esordì ai Giochi Olimpici nell’edizione di Seul 1988. Alle Olimpiadi coreane, la squadra azzurra chiuse all’ottavo posto il concorso generale ed il toscano si classificò sesto nella specialità degli anelli, riportando l’Italia in una finale individuale, fatto che non accadeva dai tempi di Franco Menichelli. Negli anni successivi, Jury Chechi si conquistò a suon di medaglie europee e mondiali il ruolo di leader della nazionale italiana.

La tavola dei Giochi Olimpici di Barcellona 1992 sembrava dunque apparecchiata per la tanto ambita medaglia olimpica, ma il destino sa essere crudele. Pochi giorni prima di partire per la città iberica, Juri Chechi si stava allenando a Porto San Giorgio quando atterrando da un salto mortale al corpo libero si ruppe il tendine d’Achille del piede destro. Fu un colpo durissimo, non solo per Chechi ma per tutta l’Italia, che in quell’edizione dei Giochi fu in grado di schierare la squadra più forte di sempre, come testimoniato dallo storico quinto posto nel concorso generale a squadre. Il ginnasta nativo di Prato non si perse d’animo e si mise subito al lavoro per tornare in pedana, anche se la gravità dell’infortunio lo costrinse a ridurre gli allenamenti di corpo libero e volteggio. Chechi si concentrò sugli anelli e ai Mondiali di Birmingham 1993 tornò in gara vincendo il primo titolo iridato della sua carriera. Negli anni successivi, Jury Chechi collezionò altri tre titoli mondiali e due allori continentali, divenendo definitivamente “il Signore degli Anelli”.

Jury, ormai 27enne, si presentò alle Olimpiadi di Atlanta 1996 da favorito, con il chiaro obbiettivo di salire sul gradino più alto del podio. Le gare olimpiche spesso non sono quelle dei favoriti perché la pressione è altissima, ma Chechi non vuole rimandare ulteriormente l’appuntamento con la storia. Il signore degli anelli esegue un esercizio ai limiti della perfezione e lo sa bene: quando atterra sul materasso, alza le braccia stringendo i pugni come fosse una liberazione. I giudici, che in altre occasioni non hanno premiato l’azzurro, quella volta non poterono ignorare l’eleganza e la precisione di Jury Chechi: il punteggio di 9.887 vale il titolo olimpico. L’anno successivo, a Losanna 1997, il toscano conquistò il quinto oro mondiale consecutivo (record ineguagliato in una singola specialità) e annunciò il ritiro. Il richiamo degli anelli però si rivelò essere troppo forte e Jury tornò in palestra per preparare le Olimpiade di Sydney 2000. Ancora una volta però un infortunio gli negò la partecipazione a cinque cerchi, ma soprattutto quel distacco del tendine del bicipite sinistro parve la fine della carriera.

Non sarebbe stata però la degna chiusura di carriera per il più forte ginnasta italiano, che ebbe la forza di riprovarci, come solo i più grandi campioni della storia sanno fare. E allora ecco che Jury Chechi si presentò ai Giochi di Atene 2004, dove la ginnastica italiana festeggiò l’oro alla sbarra di Igor Cassina ma anche il bronzo del Signore degli Anelli. Fu una gara ricca di proteste perché il bulgaro Yovchev venne defraudato dell’oro che finì al collo del padrone di casa Tampakos, premiato più del dovuto dai giudici. Per il bronzo di Yuri Chechi però non ci furono proteste, solo tanti applausi per un campione che al termine della gara sollevò il braccio del suo storico rivale Yovchev indicandolo come reale vincitore della gara. Perché signori si nasce, direbbe Totò, ma solamente con duro lavoro, resilienza e determinazione si diventa Signori degli Anelli.

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