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Auguri a Mario Giobbe: 80 anni, metà dei quali trascorsi a raccontarci lo sport alla radio

Giobbe e Lea Pericoli a Santiago 1976

Compie oggi 80 anni un giornalista che ha fatto la storia della Radio. Naturalmente in Rai. Stiamo parlando di Mario Giobbe. Chi tra i meno giovani non ricorda “Domenica sport” su Radio 2? Era lo spazio che anticipava e seguiva “Tutto il calcio minuto per minuto”. Giobbe lo condusse dal 1972 al 1987. “Il suo motto è sempre stato: ‘Più breve sei, più bravo sei’ “, racconta oggi Riccardo Cucchi, amico e allievo di Giobbe. “Una frase che ho sempre portato a esempio”

Nato a Roma il 12 marzo del 1938 (il padre, Mirko, fu direttore de La Nazione di Firenze), Giobbe inizia a lavorare negli ambienti del teatro e nei caroselli, dove conosce Corrado, Giuliano Gemma, Peppino Di Capri. Collabora con registi del calibro di Ugo Gregoretti e Franco Enriquez, Anton Giulio Majano.

Nel 1968 la Rai bandisce il concorso per radio-telecronisti: Giobbe si piazza 14° su oltre 1.200 candidati e viene assunto. Tra i vincitori anche Nuccio Fava. Nel 1969 la Rai lo manda a Genova, dove si fa le ossa da cronista seguendo casi clamorosi come il naufragio del mercantile London Valour (tragedia che ispirò una canzone di Fabrizio De Andrè), l’alluvione dell’ottobre 1970 (44 vittime e oltre 2.000 sfollati), il rapimento di Sergio Gandolla (rampollo di una delle famiglie più ricche della città) per mano del gruppo XXI ottobre, il rapimento e l’uccisione della giovanissima Milena Sutter (1971).

Lo sport. Ma è come cronista sportivo che si afferma molto presto. Rientrato a Roma, oltre al calcio finisce quasi per caso a seguire il tennis, visto che in Rai non vi erano specialisti. Prende parte da inviato a tutte e 4 le finali di Coppa Davis conquistate dai moschettieri azzurri Panatta, Barazzutti, Bertolucci e Zugarelli. In diretta da Santiago, racconta con emozione (alla radio, perché la TV per motivi politici non c’era) il punto della vittoria del nostro doppio su quello cileno, in quella che rimane ancora oggi l’unica Davis italiana (su YouTube la sua voce sul match ball è recuperabile dal “film” di quella finale girato da Gigi Oliviero).

Proprio ai ricordi tennistici è legato uno degli aneddoti più divertenti di Mario Giobbe. “Nel 1974 andammo in Sud Africa a giocare la semifinale di Coppa Davis. Noi giornalisti e la squadra eravamo nello stesso albergo. Belardinelli (il d.t. ma soprattutto secondo “padre” dei nostri tennisti, ndr) affittò una saletta dove la sera veniva proiettato un film, e l’unico giornalista ammesso in questo ambiente riservato con la squadra e lo staff tecnico ero io. A quei tempi fumavo molto: ogni tanto Adriano e Paolo (Panatta e Bertolucci ndr), sottovoce, senza farsi sentire da Belardinelli che sonnecchiava, mi chiedevano di passargli la sigaretta. Io gliela passavo, loro facevano una tirata ma se Mario si girava, perché magari aveva captato qualche movimento strano, loro, impassibili, restavano con il fumo in bocca…”

Divenuto caporedattore del pool sportivo, fu lui a permettere l’esordio di una voce femminile tra le radiocroniste, con Nicoletta Grifoni nel 1988. Ma oggi Mario Giobbe ci tiene soprattutto a raccontarvi che fu lui il primo radiocronista che scelse di farsi affiancare da una seconda voce “tecnica”. Accadde a Santiago del Cile nella finale di Davis 1976: accanto a lui chiamò Lea Pericoli. Fu anche l’ultimo a intervistare Il povero Gaetano Scirea, pochi giorni prima della partenza del campione del mondo 1982 per la Polonia, dove trovò la morte in un incidente stradale.

La passione per i grandi eventi sportivi e la voglia di “fermare” in qualche modo la storia porta Giobbe a realizzare una serie di pubblicazioni enciclopediche, come la Storia dei mondiali di calcio e 90 puntate sulla storia delle olimpiadi, “Da Olimpia a Seul”. Sul magico 1976 del tennis italiano produce addirittura un disco di vinile (“Le mani sulla Davis”), dove le voci dei protagonisti si alternano ai brani delle dirette radiofoniche e delle interviste realizzate nel corso della stagione, Nicola Pietrangeli e Mario Belardinelli compresi. Una vera e propria chicca riascoltata oggi, a oltre 40 anni di distanza.

“Al di la del suo grande valore professionale (grande voce, grande conduttore, grande radiocronista), Mario è stato un grande talent scout – ci dice ancora Riccardo Cucchi – . E’ stato grazie a lui se quella grande generazione di radiocronisti (Ameri, Ciotti, Provenzali, Luzzi, Foglianese) è stata sostituita da chi in qualche modo è riuscito a non farli rimpiangere: Dotto, Forma, il sottoscritto. Ci ha formati e ci ha fatti crescere, questo è un grandissimo merito che gli va riconosciuto”. Insomma: auguri Mario, e grazie per tutto lo sport che ci hai raccontato e, in qualche modo, continui a raccontarci.

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