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Roma 2024, Ignazio Marino: “Ecco come avrei organizzato l’Olimpiade”

Ignazio Marino - Foto Niccolò Caranti - CC-BY-SA-3.0

Il progetto di Roma 2024? Volevo articolarlo in tre grandi aree, alcune ricostruzioni sul mio conto son prive di fondamento“. Ignazio Marino, ex sindaco di Roma, si appella così in una lettera scritta al quotidiano “Il Tempo” rispondendo all’articolo con il quale il direttore Chiocci aveva approfondito la questione di Roma 2024 dal punto di vista di Marino.

La risposta dell’ex sindaco: “Tor Vergata non era la sede del Villaggio Olimpico. La verità è che il progetto volevo articolarlo in diverse aree partendo dal Foro italico con il Parco olimpico del Tever Nord, la Città dello sport di Tor Vergata, il complesso sportivo dell’Eur e della Ex Fiera, con il Tevere che da Sud a Nord faceva da asse portante del progetto – spiega Ignazio Marino – Tre grandi aree coerenti con una visione e un disegno urbanistico, economico, ambientale e sociale della città di Roma capace di affrancarsi definitivamente da alcune interpretazioni dello sviluppo urbano tipiche del Novecento

Un’occasione perduta: “Era l’occasione per dare finalmente forma alla città del XXI secolo. Di queste tre aree, il Parco olimpico del Tevere Nord rappresentava la vera novità e nella intuizione di Giovanni Caudo il progetto urbanistico ne metteva in luce tutto il potenziale. Oggi l’area costituisce un insieme di agglomerati edilizi senza forma. Aggregati di edifici in vetro come quello della rete televisiva Sky, antiche locande di posta trasformate in improbabili motel, luoghi di prostituzione e fabbriche abbandonate“.

La visione del Villaggio Olimpico:Esso sarebbe sorto proprio all’interno del Parco olimpico sul bordo di una delle aree da riqualificare. Due le possibilità: l’area dell’ex deposito degli autobus e del depuratore oppure l’area dell’aeroporto dell’Urbe, utilizzando la parte occupata dagli edifici. In entrambi i casi il suolo è più che sufficiente. La consistenza del Villaggio Olimpico prevede poco meno di novemilacinquecento stanze e circa diciottomila posti letto. La zona residenziale vera e propria impegna una superficie di circa cinquanta ettari. Avremmo potuto realizzare un Villaggio Olimpico e un parco sul fiume a poca distanza dal Foro italico, raggiungibile con la pista ciclabile e immerso in una delle zone di Roma dove tradizionalmente si sono collocate le strutture sportive amatoriali“. Il paragone con Londra e Rio: “Bisognava dar vita a circa tremila e seicento nuovi alloggi. Si tratta di un intervento che più facilmente può esser realizzato da imprenditori privati che possono rientrare dell’investimento con la vendita degli appartamenti. A Londra hanno realizzato anche numerosi alloggi dal costo accessibile per il ceto medio a reddito basso“.

La “Città della Giustizia”: “Il Villaggio Olimpico lo avevamo pensato in modo da realizzare la Città della Giustizia: bisognava fare in modo che le stanze che per poco più di un mese avrebbero ospitato gli atleti si trasformassero subito dopo in uffici per i giudici, procuratori, cancellieri, avvocati, eccetera. Gli spazi comuni e di servizio sarebbero stati utilizzati per le aule giudiziarie, i depositi per gli archivi. Questa strategia avrebbe reso un grande servizio alla vita dei cittadini“.

La conclusione: “Le Olimpiadi e la realizzazione del Villaggio Olimpico potevano essere l’occasione per affrontare e risolvere in modo strutturale un problema antico della città. Oggi le sedi della Giustizia concentrate nel quartiere Prati e distribuite in almeno quindici immobili tra piazzale Clodio e Castel Sant’Angelo, occupano spazi per circa centocinquantamila metri quadrati, circa la metà di quella necessaria per il Villaggio Olimpico. Un progetto che avrebbe rimesso in gioco molti edifici nel quartiere Prati e che, a cascata, avrebbe avviato un’importante trasformazione urbana. Un lascito davvero rilevante che il Villaggio Olimpico avrebbe lasciato alla Capitale. una localizzazione ottimale per la Città della Giustizia perché avrebbe consentito di mantenere a Prati la presenza degli uffici e degli studi professionali, che costituiscono l’indotto. Il collegamento con la metropolitana avrebbe assicurato un’agevole accessibilità della Città della Giustizia proprio dal settore di Prati, oltre che dal resto della città. E per chi foss evenuto da fuori, in macchina, non sarebbe stato necessario arrivare in centro, si sarebbe potuto fermare alle porte di Roma“.

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