Editoriali

Ecco perché non riesco a tifare Fognini

Fabio Fognini - Foto Adelchi Fioriti

Tra dire le cose a caldo e farlo a freddo c’è una bella differenza. Ad esempio se avessi scritto questo articolo, che parla di Fabio Fognini, immediatamente dopo alcune sue esternazioni degli ultimi giorni, avrei prodotto un’invettiva anzichè quella che (almeno nelle intenzioni) vorrebbe essere un’analisi lucida. E considerando come già io, scrivendo per diletto, non tenda a fare del politically correct la mia cifra stilistica, potete immaginare cosa sarebbe venuto fuori. Ma avrebbe avuto senso? Probabilmente no.

Ecco, forse porsi questa semplice domanda avrebbe permesso a Fognini di evitare un peggioramento continuo di una situazione già di per sè non proprio buona. Per i pochi che non fossero aggiornati sulla situazione, il tennista italiano nel corso del match contro Travaglia si è lasciato andare a ripetuti insulti sessisti nei confronti della giudice di sedia Louise Enzgell. Anzi, per quanto non mi piaccia riscrivere certe cose, vista la vaghezza dell’espressione “insulti sessisti” diciamo pure che le ha dato ripetutamente della troia e, pensate un po’, quello non è stato l’insulto più pesante.

Quando ho visto il video sono rimasto a metà tra l’arrabbiatura per quanto sentito e la disperazione per l’ennesima fesseria commessa. Una disperazione sedimentata, figlia di anni di “Eccolo, finalmente è maturato” rapidamente seguiti da “No, era un’illusione”. Anni che, tra alti e bassi, han comunque regalato belle soddisfazioni tennistiche a noi tifosi, avendo il soggetto in questione un gran talento e una mano sopraffina. Mano che, però, non giustifica certe cose. Sembrava averlo capito, Fabio, visto che immediatamente ha ammesso di avere sbagliato facendo pubblica ammenda su Twitter. Scuse che, ovviamente, non potevano e non dovevano portare a una soluzione a tarallucci e vino ma che erano il minimo che ci si potesse aspettare. A seguire ci si aspettava un basso profilo di fronte alle prevedibilissime critiche di tifosi e stampa e una tranquilla accettazione delle sanzioni che sarebbero arrivate, di qualunque tipo.

Ecco, qui invece nella testa di Fabio è scattato un corto circuito permanente.

La prima reazione dell’organizzazione, infatti, è stata una multa di 24.000 dollari e si sapeva che non sarebbe finita lì. La reazione di Fognini è consistita nel dire a Ubitennis “Al giorno d’oggi sono tutti moralisti”, ancora una dichiarazione a caldo che ha dimostrato come il tennista ligure non avesse ben chiari due concetti fondamentali.

Il primo, abbastanza scontato, è che c’è una differenza tra quello che si dice la sera al bar e quello che si dice su un campo di tennis a favore di telecamere. Il secondo è che certe cose non si possono derubricare a chiacchiere da bar. A leggere le parole di Fognini sembrava quasi che lui avesse detto un paio di parolacce: a quel punto, magari, un minimo si sarebbe potuta comprendere (anche se non giustificare) una reazione tipo “Ok, ho detto quelle cose, mi sono scusato ma ora non facciamone un caso di stato”. Visto quello che ha detto, però, non ci si può appigliare a niente: se dici cose del genere non sono gli altri ad essere moralisti, casomai sei tu che hai totalmente dimenticato le minime basi delle buone maniere.

Altro giro altra corsa, arriva l’esclusione dagli US Open e la revoca del montepremi, con danni anche per l’incolpevole Simone Bolelli che si è visto così impossibilitato a proseguire nel torneo di doppio e, in tutto questo, non era stato neanche avvisato e continuava ad allenarsi beatamente.

Visti gli immediati precedenti, qualcuno avrebbe dovuto ordinare una fornitura jumbo di camomilla per Fognini e chiuderlo negli spogliatoi un paio d’ore, magari mettendo qualche simpatica musichetta di Brian Eno tanto per essere sicuri che si calmasse. Peraltro, nota a margine, anche tra i suoi tifosi non è che sul web si sia vista tutta questa voglia dilagante di difenderlo, cosa che avrebbe da sola dovuto indurre il ligure a cambiare atteggiamento.

Eppure era così semplice: data la situazione l’unica strategia possibile era il silenzio.

Un silenzio che è d’oro ma che evidentemente per l’atleta in questione è carta straccia. Cosa farà se dovessero aumentargli la multa? Andrà a prendere a racchettate i membri del board? E se dovessero aggravare la squalifica cosa succederà, magari andrà direttamente a fare pipì sull’uscio della casa del Board Director? Sapete com’è, di fronte a cotanto delirio di infantilismi a nastro, ormai ci si potrebbe aspettare di tutto.

Per quanto mi riguarda, al momento, l’unica riflessione che mi sento di condividere è quella che ho avuto in una conversazione privata su Facebook: alla luce di tutto quello che ha fatto perché dovrei tifare per un soggetto del genere? Solo perché è italiano? Sorry, ma per quanto per lui la cosa possa contare meno di zero allo stato attuale dovesse pure vincere Wimbledon non starei lì ad esultare.

Non è che un maleducato debba starmi simpatico solo perché è nato a Sanremo anzichè venti chilometri più in là.

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