Ciclismo

Come rispettare un pronostico: il Giro d’Italia di Vincenzo Nibali

Vincenzo Nibali - Foto Youkeys CC BY 2.0

Secondo un vecchio adagio, “se vincere è difficile, farlo da favoriti lo è ancora di più”. Alla vigilia del Giro d’Italia 2016 partito dall’Olanda, i favori del pronostico erano tutti (o quasi) dalla parte di Vincenzo Nibali. In un’edizione della Corsa Rosa tra le più entusiasmanti degli ultimi anni – ma, forse, perché no, di sempre – lo Squalo dello Stretto ha saputo tener fede a tale pronostico. Per farlo, tuttavia, ha prima dovuto fronteggiare l’onta della disfatta, il dubbio per un rendimento che sulla strada non corrispondeva a quelle che erano le sue sensazioni; e ancor meno gradite, la perplessità e le critiche da parte di chi pareva aver dimenticato quanto Vincenzo avesse già dato al ciclismo e allo sport italiano. Ma un campione si riconosce anche nei momenti difficili: Vincenzo Nibali, in quanto tale, ha saputo rialzarsi più forte di prima, ribaltando in sole due tappe – anche grazie al prezioso contributo di Michele Scarponi e di tutta l’Astana – un esito che pareva ormai scontato. Oggi Torino lo incorona, per la seconda volta re del Giro.

Irrefrenabile l’attesa per rivedere finalmente sulle strade del Giro l’eroe che tre anni fa era sbucato trionfante dalla tormenta di neve delle Tre Cime di Lavaredo e che, dopo essere stato incoronato a Brescia, aveva dato il suo “arrivederci” alla Corsa Rosa. Un congedo temporaneo, durante il quale ai suoi tifosi Vincenzo avrebbe regalato emozioni anche maggiori, conquistando il Tour de France sedici anni dopo l’indimenticato Pirata, Marco Pantani. Ma dopo due anni di assenza, era giunto per Vincenzo Nibali il tempo di fare ritorno al Giro d’Italia, ancora una volta a caccia di quella maglia rosa che per prima lo aveva consacrato presso il grande pubblico di casa nostra. Difficile non avvertire, dunque, il peso delle aspettative e il senso di responsabilità – ben rappresentato dal Tricolore di campione nazionale portato sul petto – per un’intera nazione, in una corsa che troppo spesso negli ultimi anni aveva visto imporsi campioni venuti da lontano.

Sin dal primo arrivo in quota, a Roccaraso, si intuisce che l’inseguimento di Nibali al bis in rosa sarà meno agevole del previsto: a pochi chilometri dall’arrivo, in un tratto di salita non particolarmente ostico, lo Squalo dello Stretto sferra il suo attacco, immediatamente rintuzzato dalla maglia rosa Tom Dumoulin, che poi a sua volta contrattacca, staccandolo e sferrando il primo schiaffo alle certezze del siciliano. Ma nelle successive tappe, supportato da una squadra solida e completamente votata alla sua causa, Nibali corre da padrone e nei 40 km di cronometro nel Chianti dimostra di avere sotto controllo la situazione. Prima di arrivare alle montagne, alcune scaramucce con Alejandro Valverde fanno presagire che il Giro debba essere un affare tra loro due; ma, come sempre, è sulle grandi montagne che i veri valori in campo vengono a galla.

Il tappone dolomitico del Giro segna un primo campanello d’allarme. Vincenzo corre con la consueta padronanza, ma sulla salita al Passo Valparola – mentre Valverde affonda – il giovane colombiano Esteban Chaves e l’olandese Steven Kruijswijk dimostrano di averne più del siciliano, che al traguardo paga loro 37”. L’indomani – storia di domenica scorsa – è la volta della cronoscalata all’Alpe di Siusi, che da pronostico dovrebbe favorire Vincenzo; invece, i 10,8 km contro il tempo si trasformano in un terribile calvario: in una delle giornate più difficili della carriera di Nibali, la maglia rosa Steven Kruijswijk gli rifila oltre due minuti, e per la prima volta il suo Giro pare seriamente compromesso. L’apparente knock-out definitivo, tuttavia, arriva due giorni dopo nella tappa di Andalo: lungo l’ascesa al Fai della Paganella, Vincenzo è colto da una nuova crisi e vede allontanarsi inesorabilmente tutti i suoi rivali di classifica; e con loro, ogni chance di vittoria finale. Mentre in casa Astana ci si interroga sulle sue condizioni di salute, i più temerari già ne auspicano l’abbandono della corsa: non hanno fatto i conti, ovviamente, con il carattere e la determinazione del siciliano. Gli esami effettuati scongiurano qualunque ipotesi di virus e Nibali può prepararsi all’ultimo weekend di alta quota. Ad animarlo, la possibilità ancora viva di conquistare un posto sul podio; ma, soprattutto, la volontà di dimostrare qualcosa. A se stesso e agli altri.

Venerdì, sulle rampe del Colle dell’Agnello – Cima Coppi del Giro – vediamo per la prima volta un Nibali diverso: evita sì di rispondere al primo (tutto sommato sconsiderato) attacco che Chaves porta alla maglia rosa, ma sul secondo allungo del colombiano non si fa sorprendere e, accortosi del diretto rivale Valverde in difficoltà, accelera in prima persona; a quel punto, anche la maglia rosa Kruijswijk e Chaves (parsi fino ad allora inattaccabili) paiono accusare un minimo il colpo. I tre scollinano assieme e si lanciano in picchiata. Il momento chiave del Giro si verifica appena iniziata la discesa: nel tentare di seguire Nibali, Kruijswijk cade contro un muro di neve; per lui la tappa diventa un calvario. All’improvviso tutto cambia. Sulla salita di Risoul (che due anni fa lo aveva visto volare in maglia gialla) Vincenzo si libera della compagnia di Chaves e si invola verso una meravigliosa vittoria di tappa. Giochi completamente riaperti: se al mattino 4’43” lo separavano dalla maglia rosa di Steven Kruijswijk, la sera il nuovo leader Esteban Chaves dista appena 44”. E ora il miracolo è vicino.

Si compie ieri, nella tappa che – guarda caso – termina al Santuario di Sant’Anna di Vinadio. Sul Colle della Lombarda, lo Squalo schianta ancora una volta Chaves e gli altri rivali: i 10 km finali sono una splendida cavalcata, al termine della quale Vincenzo Nibali ritrova la “sua” maglia rosa e il pubblico italiano è nuovamente in visibilio. Sì, il pronostico iniziale è stato rispettato, ancorché non nel modo previsto. Ma è proprio questo il bello del ciclismo, uno sport in cui nulla è mai scontato, in cui chi cade (in maniera figurata o meno) può rialzarsi e, perché no, vincere ancora; per farlo, certo, servono carattere, grinta, determinazione, cuore e ovviamente classe. Vincenzo Nibali, lo Squalo dello Stretto, incarna tutto il bello di questo sport.

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