Calcio

ESCLUSIVA – Lorenzo Capanni: “Il Real voleva Gabriele ma sta bene al Milan”

Gabriele Capanni, foto profilo Facebook

Gabriele Capanni, il baby prodigio classe 2000 di Trestina, piccola località in provincia di Perugia, ha da pochi giorni firmato il primo contratto da professionista con il Milan sotto gli occhi di Adriano Galliani. Abbiamo scambiato qualche parola con Lorenzo, il padre del giovanissimo talento che ha stregato persino Zidane e il Real Madrid, toccando anche il delicato tema dei procuratori e dei sacrifici di un padre di sette figli per permettere a ognuno di loro di inseguire i propri sogni.

A quando risalgono i primi calci di Gabriele?
“Ha iniziato a tirare calci al pallone quando aveva 18 mesi. Lui già con la palla al piede dribblava la gente, era un campione in miniatura. Ricordo che al mare la gente che si fermava dicendo “ma questo bambino non è normale!” e infatti lui ci è nato con questo dono, un dono del Signore. Ha iniziato nella scuola calcio del paese –  Città di Castello – a 4 anni e mezzo e già giocava con i bambini con tre anni in più. Presto arrivarono i primi osservatori ma c’è una legge che impedisce di lasciare la regione prima dei 14 anni. Pian piano arrivarono tutte le squadre, Milan, Inter… finché qualcuno non mi portò a Madrid. Io avevo già dato la parola al Milan per Gabriele, già da quando aveva 9 anni loro lo avevano ‘adocchiato’. A Madrid ha fatto una partitella, ha impressionato Zidane e il capo del settore giovanile e subito mi hanno bloccato chiedendomi se volessimo trasferirci in Spagna. Io però ho una famiglia numerosa e per questo ho chiesto se fosse possibile lasciare il ragazzo con un tutor. Gabriele era già disposto a rimanere da solo, per lui era un sogno… Il Real ci ha provato in tutti i modi ma l’operazione è stata bloccata anche dalla Uefa. Siamo andati avanti con il Milan, assolutamente contenti anche perché, in fondo, il mio desiderio è sempre stato quello di farlo restare qui. Credo fortemente nel progetto di Mauro Bianchessi e Adriano Galliani, che infatti da qualche anno a questa parte sta dando loro ragione”.

Crede sia il momento giusto per affidarsi al Milan in questa fase di ringiovanimento della rosa?
“Sono abituato a fare le cose con umiltà, pian piano. Per il ragazzo è la soluzione migliore. Anche io ho giocato a calcio, nel Pisa di Anconetani in Serie B sino al fallimento del 1993/94, tornando poi indietro sino agli Interregionali a Città di Castello. E so benissimo quanto è importante la gestione, l’umiltà di rispettare i tempi e non farsi prendere dall’euforia. Perché nel calcio oggi sei il numero uno e domani non sei più nessuno. Per questo mi fido di Bianchessi e Galliani, il loro è un percorso equilibrato. Io sono molto credente e finora il Signore ha messo tutte le pedine al proprio posto permettendomi di conoscere le persone giuste come Marco Smacchia, il talent scout che lo ha portato al Milan”.

Quali sono le caratteristiche del Gabriele giocatore?
“Molto, molto tecnico. Destro, sinistro. Grande dribbling, rapido. A chi lo paragonerei nel Milan di oggi: Suso”.

Quali sono i sacrifici di un padre, soprattutto con una famiglia numerosa come la sua?
“Ci sono molto sacrifici ma credo nella Provvidenza del Signore. La Fede va di pari passo con la Provvidenza. Bisogna affidare la vita al Signore. Ogni persona ha la sua strada, l’importante è affidarsi a Lui. Non tutti diventeranno calciatori professionisti ma almeno saranno guidati sulla strada giusta”.

Qual è il segreto nella gestione del rapporto padre-figlio in una situazione particolare come questa?
“La serenità familiare. Non è vero che non bisogna fare figli, io sono un muratore e fino ad ora il Signore mi ha aiutato a mandare avanti la famiglia anche grazie a Gabriele, al Milan, ai miei genitori. Con la volontà si può fare tutto. Non si deve aver paura di fare figli perché la cosa più bella è l’unione della famiglia da trasmettere ai propri bambini. Perché ciò li aiuta nell’affrontare le cose con più tranquillità, che sia calcio, rugby o qualsiasi altra cosa. Il mio messaggio è quindi quello di avere serenità familiare per rendere sereni i nostri figli”.

Parliamo di procuratori. Figure importanti o “male del calcio” come definiti da qualcuno?
“Il procuratore è una pedina fondamentale, anche lì bisogna saper scegliere. La gestione del giocatore è importantissima, per quanto bravo se la gestione non è buona non arriverà mai in fondo. Il mondo del calcio è particolare, basta un niente per bruciare un giocatore. Ad esempio Mastour, anche lui era nel Milan come Gabriele, molto bravo. Eppure una cattiva gestione ha bruciato un talento del genere. E dunque il ruolo del procuratore deve andare oltre al semplice trasferimento per aspetti economici, deve gestire la tua vita ma anche i tuoi comportamenti”.

Soprattutto a questa età…
“Esatto. Giuseppe Riso, il procuratore di Gabriele, non mi ha mai detto “Andiamo qui perché guadagniamo di più”, anzi mi ha sconsigliato di andare all’estero perché non faceva, a suo parere, il bene del ragazzo. Ha in mente un percorso diverso, una gestione differente. Bruciare le tappe in un’età tra i 14 e i 17 anni può rivelarsi fatale, sono momenti importantissimi”.

Ha mai pensato di vestire i panni da procuratore per suo figlio?
“Mai. Io sono un muratore, sono uno scultore, ho capito che so fare un mestiere, devo concentrarmi solo su quello e non improvvisarmi altro. Anche se ho giocato a calcio ad alti livelli non posso pretendere di presentarmi come procuratore. Non è il mio mondo, mi farebbero fuori”.

Cosa ne pensa della figura padre-procuratore? Quali sono i vantaggi per il giocatore?
“Bisogna essere fortunati e sperare che tutto vada per il meglio, ma io sono abituato così. Come già detto sono abituato a fare il mio mestiere. Potrei, ad esempio, costruire un impianto elettrico ma siamo sicuri venga bene?”.

Quali sono stati i primi consigli dopo la firma sul contratto col Milan?
“Gli dico sempre di pregare il Signore e affidarsi a Lui, il resto verrà da solo. La cosa più importante è la serenità ed evitare lo stress, letale in qualsiasi campo”.

Gabriele si è già allenato con la prima squadra. Gli altri giovani come Donnarumma e Locatelli fanno da “tutor”?
“Sì, si è allenato nella settimana di Milan-Juventus e pochi giorni fa. Credo diano dei consigli, ancora non me ne ha parlato a dir la verità, ma lì sono tutti amici e persone molto umili. Lo stesso Montella sta andando oltre le aspettative, i fatti parlano da soli”.

Ultima domanda. In una famiglia così numerosa c’è qualche altro talento?
“C’è un maschietto di 3 anni, Miguel. Non fa ancora ciò che faceva Gabriele però vedo già del potenziale… E poi ce n’è un altro di un anno, su di lui ne riparliamo tra qualche mese!”.

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