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Basket, Nba: Kevin Durant, il ritorno ad Oklahoma City

Kevin Durant - Foto Keith Allison CC BY SA 2.0

Il 29 settembre 1988 a Washington, è nato uno dei giocatori che ancora oggi sta scrivendo pagine della Nba. Il suo nome è Kevin Durant. La sua storia inizia con molte difficoltà, complice un’infanzia senza un padre e le fatiche della propria madre per mantenere lui e i suoi fratelli. La scuola non gli dispiaceva, erano le prese in giro dei compagni per la sua statura a pesargli. Kevin infatti, sin da giovanissimo era un ragazzo molto alto ed esile. Questo aspetto che gli causava delle difficoltà nella quotidianità, fu trasformato in qualcosa di positivo con l’aiuto del fratello maggiore e della nonna Barbara.

Durant è sempre stato tifoso dei Toronto Raptors perché era un grande fan di Vince Carter, ma la sua storia cestistica si svolgerà a molti chilometri di distanza dalla città canadese. Il tutto comincerà dopo aver giocato per alcune squadre del Maryland, dove conobbe e fece amicizia con parecchi ragazzi che, come lui, avrebbero raggiunto la Nba. Con l’University of Texas inizia a fare sul serio: nella Big 12 Conference dela NCAA conclude la sua prima ed ultima stagione con 25.8 punti e 11.1 di rimbalzi a gara, autoconvincedosi di ciò che da bambino la nonna e il fratello gli dissero. Il 2007 è l’anno giusto per dichiararsi eleggibile al Draft, dove viene selezionato come seconda scelta dai Seattle SuperSonics. Dopo una prima stagione in cui verrà eletto “Rookie of the year”, la franchigia di Seattle cambierà sede ed identità: nascono gli Oklahoma Thunders. “Durantula” (verrà soprannominato così per la sua “apertura alare” di 223 cm.) ad Oklahoma City si ritroverà ad affiancare Westbrook e Harden, formando uno trio da copertina. Da questo momento in poi sarà un susseguirsi di traguardi raggiunti: chiamate agli “All-Star Game”, statistiche impressionanti, “Top scorer”della lega e varie medaglie d’oro alle Olimpiadi e Mondiali con la nazionale statunitense. Durant raggiunge tutto ciò che un cestista della Nba possa sognare, anche l’MVP. Quest’ultimo arriva nel 2014, superando Lebron James e riuscendo come quarto giocatore nella storia dopo Iverson a conquistare l’accoppiata “MVP – classifica punti”. “Manca solo il titolo” forse è stato il pensiero che Kevin ha fatto alla scadenza del suo contratto. La sua decisione non a caso è stata quella di trasferirsi a Golden State, scatenando l’ira dei tifosi (molto simile a quella causata da Lebron James quando passò a Miami) che ancora oggi si sentono traditi. Pochi giorni fa c’è stato il suo ritorno ad Oklahoma da avversario, ma nonostante la vittoria dei Warriors e i fischi dei suoi ex supporters il numero 35 ci ha scherzato su, dichiarando che si sarebbe aspettato qualcosa di peggiore.

All’apparenza Durant potrebbe sembrare uno di quei ragazzi che dopo essere riuscito ad emergere da un contesto difficile, con ottimi risultati, si possa montare la testa. In un certo senso sarebbe anche giustificato, visto che stiamo parlando di uno degli atleti più pagati al mondo (settimo nel 2014 con 54.1 milioni). Ma una cosa che “Durantula” non ha mai perso è l’umiltà. Al suo arrivo a Golden State si è definito “non all’altezza” della franchigia, ad esempio. Un valore ha sempre portato con sé, grazie all’educazione della madre e della religione, da lui molto praticata. Gli insegnamenti più importanti però gli sono arrivati dal basket, sport che fa emozionare e che vorrà tramandare a ragazzi con il suo passato.

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