Amarcord

Atene 2004: la storia si (ri)fa qui

Atene 2004 - Foto Spyrosdrakopoulos - CC BY-SA 3.0

Le corone di ulivo sul podio, il Partenone, il fuoco di Olimpia che parte, viaggia per il mondo e ritorna a casa. Atene 2004, la storia si (ri)fa qui. Fallito l’appuntamento con l’edizione del Centenario nel 1996, la Grecia si prende quel che era suo: e pazienza che l’appuntamento arrivi con otto anni di ritardo, ‘colpa’ di Atlanta e forse anche della Coca Cola, che scambiò le Olimpiadi per un mega spot pubblicitario fatto letteralmente in casa. Lasciamo stare tutto. Mettiamo da parte pure anni di bilanci statali truccati con l’aiuto delle banche e l’indifferenza dei governi di almeno due continenti. Ellade vuole i Giochi, diamo i Giochi a Ellade. Lo sa bene Roma, che nel suo ultimo tentativo per tornare città olimpica, nel 1997, si vide sconfitta proprio dai ‘cugini’, ennesimo capitolo di una sfida eterna.

Il momento è magico. Nel 2004 la ‘convention’ degli dei dell’Olimpo mette in scena per la Grecia un anno da favola, mascherato da anticamera del baratro: quando la cerimonia di apertura trasporta simbolicamente il mar Egeo dentro uno stadio, nessuno immagina il futuro nero che attende il Paese. L’euforia collettiva è già partita come un sirtaki dopo l’incredibile vittoria, poco più di un mese prima, dell’Europeo di calcio. La crisi economica, figuriamoci, sembra roba per iettatori. Quelle di Atene, intanto, sono le prime Olimpiadi post 11 settembre ed è un’estate di tensione per i rapimenti in Iraq: solo 5 mesi prima dei Giochi, l’Europa viene sconvolta dal terrorismo con gli attentati di Madrid firmati da Al Qaeda, ma con 1.200 milioni di euro spesi e 70mila addetti, la sicurezza viene garantita. Nel mondo cresce l’allarme per l’epidemia di influenza aviaria, ma da febbraio inizia un altro ‘contagio’: Mark Zuckerberg crea Facebook e il mondo, compreso quello a cinque cerchi, diventa social.

Il 13 agosto, data ufficiale di inizio dei Giochi Olimpici di Atene, sfilano 10.625 atleti in rappresentanza di 201 Paesi. A fare da cornice, 21.500 giornalisti e 45mila volontari. Curiosità: storicamente la Grecia apre la parata degli atleti in ogni edizione olimpica ma stavolta, essendo anche Nazione ospitante, nasce l’anomalia. Così il sollevatore pesi Pyrros Dimas apre la sfilata e il resto della squadra ellenica la chiude. La cerimonia è un turbinio di riferimenti, simbologie, miti e leggende dell’Antica Grecia. Scontato sì, ma in fondo nessuno si aspetta altro. Che volete di più, c’è spazio pure per il fuori programma in bilico tra epica e tragedia, roba che giusto Omero ed Eschilo avrebbero potuto concepire: quello che per molti doveva essere l’ultimo tedoforo, il campione olimpico di Sydney sui 200 metri, Kostantinos Kenteris, dà buca simulando un incidente in moto insieme alla compare Ekaterini Thanou: tutto per evitare un controllo antidoping. Così ad accendere il braciere sarà il velista Kaklamanakis. La suggestione dell’inizio illumina gli occhi anche durante le gare, con scenari unici e inimitabili. Insomma, in quanti possono permettersi di far partire la Maratona dall’omonima città, ripercorrendo i 42 km e 195 metri di Filippide? A terminare la corsa, stavolta, è Stefano Baldini: l’italiano entra tutto solo nel Panathinaiko illuminato dalle luci della sera. E’ l’ultima medaglia dei Giochi. Giochi che per l’Italia erano iniziati con l’oro alle pendici dell’Acropoli nella prova di ciclismo su strada di Paolo Bettini e il trionfo di Aldo Montano nella sciabola. Le attese azzurre sono principalmente nel nuoto, dopo i trionfi di Sydney, e invece dalle corsie arriva il bronzo della 4×200 maschile con Brembilla, Rosolino, Cercato e Magnini. Ma inattesa spunta nella piscina di Maroussi una sedicenne timida, lunghi capelli biondi e broncio adolescenziale. Si chiama Federica Pellegrini e il primo contatto con una vasca olimpica le consegna un argento nei 200 stile, nuotati a lungo in testa prima del tocco d’oro della veterana Camelia Potec. Dalla sorpresa alle conferma: la scherma, what else? Merito della doppietta made in Jesi Valentina Vezzali-Giovanna Trillini, oro e argento. E come dimenticare lo storico bronzo di Chechi agli anelli? Yuri, nominato portabandiera della spedizione azzurra, aveva mollato la presa dopo l’ennesimo infortunio della carriera, poi la promessa fatta al babbo lo riporta in pedana. E sul podio olimpico, a otto anni di distanza dal successo di Atlanta. E per la ginnastica italiana non finisce qui. Arriva anche la vittoria di Igor Cassina, classe 1977, capace di imporsi alla sbarra anche grazie al movimento acrobatico da lui inventato e che da lui prenderà il nome.

Se parliamo di storia, un posto d’onore va a due squadre. La pallanuoto femminile, che ottiene il suo primo oro con le magie di Tania Di Mario, eletta miglior giocatrice del torneo, e battendo in finale proprio la Grecia padrona di casa. Ma anche la nazionale maschile di basket guidata da Carlo Recalcati, che si prende una medaglia olimpica dopo 24 anni cedendo in finale all’Argentina. Bene, anzi benissimo, il gioco di squadra italiano: medaglie pure per la pallavolo maschile, la ginnastica ritmica e il calcio (due argenti e un bronzo). Alla fine dei Giochi, l’Italia si porta a casa 32 medaglie, buone per raggiungere l’ottavo posto della classifica guidata da Usa, Cina e Russia. Cento atleti sono saliti sul podio (103 considerando che Montano, Salvatore Sanzo e Andrea Cassarà ci sono tornati con la prova a squadre nella scherma). E il resto del mondo? Negli highlights olimpici vanno inseriti d’ufficio i sei ori di Michael Phelps (otto podi in totale per lui). Hicham El Guerrouj vince sia i 1.500 metri che i 5000, doppietta che in campo femminile vede Kelly Holmes trionfare negli 800 e 1.500m. In piscina, tra i tanti record caduti uno dopo l’altro, viene battuto quello della 4×200 femminile che risaliva al 1983 e alle atlete della Germania Est: a fare il colpaccio ci pensano le ragazze americane con 7’53”42.

Tra vendemmia, processioni e canti locali, una pioggia di palloncini colorati chiude le Olimpiadi mentre nello stadio impazzano i balli e le note del tradizionale bouzouki. Il mar Egeo di due settimane prima diventa una grande distesa di grano, una spiga per ogni atleta. Il presidente del Cio, Jacques Rogge, ringrazia la Grecia ed elogia il successo dell’organizzazione, ma solo qualche tempo dopo sapremo quanto è costata insieme agli impianti ormai abbandonati. Giù il sipario e giù la bandiera olimpica, arrivederci a Pechino.

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